Francis Bacon - Vita e Opere

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    Francis Bacon Studio per un ritratto V

    1953 - olio e sabbia su tela - 152,7x117,1 cm - Washington, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden


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    Il quinto ritratto della serie degli otto ispirati al "Ritratto di Innocenzo X" di Velazquez, ripropone quanto presentato negli altri, con leggere varianti.
    L'ambientazione che dovrebbe evocare una stanza da letto è semplificata, rispetto alle altre versioni, fino a essere un semplice spazio quadrangolare creato da linee bianche che, come fa un gesso su una lavagna, tracciano il perimetro del muro di fondo e quello delle mura laterali di un cubo nero compatto.
    Nello spazio creato si colloca il busto del papa entro la struttura dorata che è la testata di un ricco letto, il cui unico elemento decorativo sono le guglie che inquadrano la testa del pontefice.
    Quest'ultimo ha la mantella e il copricapo realizzati con rade pennellate blu che evidenziano i trapassi della luce e lasciano trasparire il nero del fondo.
    Le mani, il volto e il colletto del religioso sono rese in un unico tono di bianco che rende la figura simile a quella di un fantasma.
    L'unica fondamentale variazione, rispetto alle altre versioni dello stesso tema, è la bocca allargata in un sorriso beffardo che scopre minacciosamente la dentatura, anch'essa bianca.
     
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    Francis Bacon Studio per un ritratto VI

    1953 - olio su tela - 152x117 cm - Minneapolis, Institute of Arts


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    Lo "Studio per un ritratto VI" raffigura ancora una volta il busto del papa all'interno di una struttura geometrica analoga a quella delle altre due versioni della serie, sebbene più semplificata.
    Le sbarre di quella che è stata riconosciuta come le testiera di un letto in metallo dorato, alle spalle del pontefice, si riconducono sino a divenire due elementi verticali che sorreggono due elementi orizzontali, di cui quello superiore mantiene le due decorazioni costituite da una sorta di guglia traforata poggiante su un basamento quadrangolare.
    Lo sfondo è animato dai profili bianchi che risaltano contro il nero, creando un illusorio spazio tridimensionale dietro le spalle del papa.
    Nonostante il volto del soggetto sia accennato da pennellate rapide, l'espressività degli occhi non ne risulta diminuita.
    Invece di essere spalancata nel grido, come spesso avviene nella produzione di Bacon, la bocca della figura è aperta e mostra la fila inferiore dei denti, rivestendo un ruolo essenziale nel determinare l'efficacia emotiva dell'opera.
    La bocca restava un elemento d'interesse determinante per Bacon, che a proposito di questo tema avrebbe affermato: "Quando ho dipinto il papa che grida, non era quello che mi ero prefisso di fare...avevo comprato quel bellissimo libro sulle malattie della bocca con tavole dipinte a mano, e quando dipinsi il papa che grida volevo in realtà fare tutt'altro; volevo dipingere una bocca, con la bellezza del suo colore e tutto il resto, che fosse come un tramonto di Monet...". (Sylvester, 2003).
     
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    Francis Bacon Studio per un ritratto VII

    1953 - olio su tela - 152,3x117 cm - New York, The Museum of Modern Art


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    Il penultimo della serie degli otto papi presenta ancora una volta il busto del pontefice collocato entro una struttura geometrica, resa mediante lunghe pennellate, quasi a secco, in giallo dorato sullo sfondo nero.
    Tale struttura, nella quale la letteratura ha riconosciuto la rappresentazione di un letto, è simile a quella degli "Studi dal ritratto di Papa Innocenzo X di Velazquez".
    Il trono dorato di quelli è ripreso e modificato, anche se ne vengono mantenute le guglie decorative.
    Sebbene Francis Bacon abbia dichiarato di rifuggire dal creare serie in ordine cronologico, in cui un'azione è narrata in progressione temporale, in questa serie di papi l'artista varia l'espressione del viso della figura di quadro in quadro, in una sorta di climax ascendente, per giungere in questa versione, alla massima tensione espressiva manifestata nel grido.
    Il volto dello "Studio per un ritratto VII" appare attentamente definito sia nella parte della bocca aperta, sia in quella degli occhi e degli occhiali.
    La sottile linea dorata che cala dall'alto e termina in tre tocchi di pennello sembra una funicella che serve a dare un'indicazione di profondità spaziale alla composizione.
     
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    Francis Bacon Studio dal ritratto di Papa Innocenzo X di Velàzquez

    1953 - olio su tela - 153x118 cm - Des Moines, Des Moines Art Center, The Nathan Emory Coffin Collection


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    In questo "Studio dal ritratto di Papa Innocenzo X di Velàzquez" del 1953, Bacon reinterpreta l'antico dipinto del maestro spagnolo attraverso fonti di ispirazione legate al mondo moderno.
    Il papa siede su un trono sintetizzato in poche linee che tracciano la struttura geometrica portante attraverso decise pennellate di colore giallo oro.
    La ricca decorazione del trono papale è evidente nella spalliera, dove Bacon mantiene la punzonatura dell'originale, sommando tocchi in punta di pennello, e le guglie traforate.
    La figura del papa somiglia nelle fattezze a quella di un pontefice moderno, di cui Bacon conservava alcune fotografie tratte dai giornali: inoltre il volto, caratterizzato dagli occhiali e dalla bocca aperta nel grido, deriva dal viso insanguinato della vecchia bambinaia, con gli occhiali neri, della sequenza della "Corazzata Potemkin" di Ejzenstejn.
    Un riferimento ulteriore alla cinematografia è presente nell'uso delle pennellate verticali scure da cui filtra l'intera immagine del religioso, che in questo modo appare ulteriormente deformato.
    Un foglio con un'immagine visibile attraverso una fitta griglia di linee verticali, staccato probabilmente da un manuale di tecniche cinematografiche, compariva tra l'ingente materiale cartaceo conservato caoticamente nello studio di Francis Bacon, che volta per volta sceglieva una serie di immagini che lo avevano colpito per cominciare a dipingere.
     
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    Francis Bacon Tre studi di testa umana

    1953 - olio su tela - 61x51 cm ciascuno - Collezione privata


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    I "Tre studi di testa umana" ebbero una genesi diversa rispetto ad altri trittici concepiti fin dall'inizio come opere uniche composte di tre parti diverse eseguite una di seguito all'altro.
    Inizialmente Bacon realizzò il quadro di destra, raffigurante un uomo vestito di scuro, con la camicia bianca, apparentemente reclinato su un cuscino, con il viso, deformato dalla bocca spalancata nell'urlo, rivolto verso l'osservatore.
    Un' immagine la cui brutalità è mitigata solo da un'apparente mancanza di messa a fuoco, realizzata attraverso l'assommarsi di pennellate lunghe che alterano le forme.
    Poi, siccome l'opera che era in vendita per sessanta sterline non fu acquistata da nessuno, Bacon decise di realizzare le altre due tele di questo trittico in cui il primo riquadro in ordine di esecuzione è diventato l'ultimo, in un ipotetico processo di azioni espressive.
    Lo stesso uomo del primo pannello in ordine di realizzazione è raffigurato frontalmente nella tela di sinistra del trittico, con la bocca allargata in un sorriso forzato che scopre tutta la dentatura e deforma i tratti del viso.
    La seconda tela, invece, vede la figura passare dal sorriso a un'apertura della bocca che anticipa la tensione dell'urlo finale.
    I muscoli facciali sono tesi nell'atto di allungarsi e il mento, seguendo l'abbassamento della mascella, nasconde il collo dell'uomo e poggia sulla cravatta.
    Nell'ultima scena quindi si conclude la serie con l'esplosione della tensione forzatamente repressa, sulla base della quale Bacon aveva riprogettato il trittico.
     
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    Francis Bacon Studio di figura II

    1953-1955 - olio su tela - 198x137 cm - New York, The Collection of Mr. and Mrs. J. Tomilson Hill


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    Nello studio di figura II è rappresentato un uomo vestito con un completo intero, camicia bianca e cravatta, seduto su un letto, la cui struttura, sinteticamente definita dalla doppia linea bianca che corre alle spalle e a lato della figura, deriva da una semplificazione di quella usata per la serie degli otto Studi per un ritratto del 1953. Lo sfondo uniformemente nero visibile dalla base della testa del letto, giunge a occupare l’intera metà della composizione del dipinto e crea un’illusoria spazialità. Nel contempo, per la finitezza pittorica con cui è condotto, si contrappone alla metà inferiore dell’opera in cui la trama e il colore ocra della tela emergono tra le rade e rapide pennellate grigio topo stese in orizzontale nella parte su cui appoggia la figura e in verticale a costruire la corporatura dell’uomo. Al pare dello sfondo, il volto dell’uomo è trattato nei particolari. Ancora una volta è la bocca aperta nel grido a determinare la tensione dei muscoli facciali e il rosso delle labbra risalta rispetto a tutto il resto, in quanto è l’unica notazione coloristica squillante dell’opera. Altrettanto intensa è l’espressione degli occhi, fissi verso l’osservatore e completamente scuri, in contrasto con la pelle del volto definita nei toni del bianco.
    L’uomo vestito con completo, camicia e cravatta è un’immagine ricorrente nell’opera di Bacon. Non rappresenta nessuno degli amici che l’artista ritrasse nel corso degli anni, ma stando a quanto proposto dalla letteratura sul pittore è l’immagine della figura maschile stereotipata della società moderna.
     
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    Francis Bacon Figura con la carne

    1954 - olio su tela - 129,9x121,9 cm - Chicago, The Art Institute


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    L'immagine del papa in trono con il volto deformato dalla bocca aperta, reinterpretata da Francis Bacon sulla base del ritratto di Papa Innocenzo X di Velazquez e proposta in numerose versioni nel corso degli anni Cinquanta, è qui collocata contro una sanguinolenta carcassa di animale spaccata in due parti e appesa al soffitto in uno spazio quadrangolare creato dalla sottile definizione delle linee perimetrali bianche: queste aprono illusionisticamente il nero compatto dello sfondo, che contribuisce a far risaltare il rosso vivo della carne e il viola della mozzetta e dello zuccotto del papa.
    L'immagine della carne è uno dei temi ricorrenti nelle opere del pittore.
    Una sua amica d'infanzia dei tempi in cui ancora l'artista viveva con la famiglia in Irlanda, ricorda infatti che Bacon era talmente attratto dalla macelleria del paese che l'aveva convinta ad entrare per vedere da vicino la carne appesa nel negozio.
    Piuttosto che dai significati simbolici legati all'oggetto stesso Bacon era attratto dall'intensità e dalla brillantezza del colore della carne macellata: "Mi hanno sempre profondamente colpito le immagini relative ai mattatoi e alla carne", aveva affermato nel 1962, aggiungendo poi: "Non bisogna dimenticare la grande bellezza del colore della carne...".
     
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    Francis Bacon Studio per ritratto II (dal calco della testa di William Blake)

    1955 - olio su tela - 60x51 cm - Collezione privata


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    Come nelle fotografie del calco della testa di William Blake da vivo scattate da Bacon, la testa figura contro uno sfondo uniformemente scuro.
    Pochi, semplici dettagli bastano a dare una connotazione espressiva al volto.
    Gli occhi sono chiusi e fuori asse, mentre il disegno del naso si coglie solo attraverso l'ombra che determina; la bocca larga sembra chiusa in una smorfia di dolore e la plasticità della testa è resa più evidente dal segno diagonale netto che tagliando la guancia unisce l'orecchio al margine rivolto verso il basso della bocca.
    "Studio per ritratto II" appartiene a un gruppo di opere ispirate al calco della testa di William Blake, eseguito dallo scultore James Deville nel 1823.
    Questi studi furono eseguiti da Bacon dopo che un compositore di nome Gerard Schurmann, avendo scritto la musica per alcuni poemi di Blake, gli chiese se poteva creare un'immagine per la copertina di questa raccolta di musica.
    Bacon, che era un grande ammiratore della poesia di Blake ma non amava altrettanto la sua pittura, fu sufficientemente interessato al progetto da accompagnare il compositore alla National Portrait Gallery di Londra per vedere il calco.
    Fece molte fotografie dell'opera, poi tornò a vederla altre volte e nel corso del 1955 eseguì numerose versioni della testa, di cui ci restano solo cinque esemplari.
     
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    Francis Bacon Studio per ritratto di Van Gogh V

    1957 - olio e sabbia su tela - 198x142 cm - Washington, Hirshhorn Museum and Sculpture Garden


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    In occasione dell'esposizione che si sarebbe tenuta tra marzo e aprile nel 1957 alla Hanover Gallery di Londra, Francis Bacon presentò alcuni dipinti ispirati a un quadro di Vincent van Gogh.
    I cinque studi esposti alla mostra furono eseguiti in un tempo talmente breve che due dei dipinti avevano ancora il colore fresco.
    Il quadro di Van Gogh sul quale Bacon aveva lavorato era l'"Autoritratto del pittore sulla strada per Tarascona", conservato al Kaiser-Friederich Museum di Magdeburgo, prima di essere distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Bacon conosceva l'opera grazie alla riproduzione a colori pubblicata nella monografia sull'artista olandese di Renè Huyghe, che conservava nel suo studio.
    Ciò che più aveva affascinato Bacon di Van Gogh era la capacità che attribuiva al pittore di riuscire "...a essere quasi letterale pur restituendo, attraverso il modo in cui dipingeva, una meravigliosa visione della realtà delle cose...".
    Aveva preso coscienza di questa capacità durante uno dei soggiorni passati nel Sud della Francia: "L'ho capito molto chiaramente quella volta in cui sono stato in Provenza e ho attraversato quella parte del Crau dove Van Gogh ha dipinto alcuni suoi paesaggi"; avrebbe aggiunto: "...in quella terra spoglia si capiva chiaramente come, attraverso il modo in cui applicava il colore, sia stato in grado di assegnarle una vividezza stupefacente, di assegnarle quella realtà caratteristica del Crau, una regione fatta di terre pianeggianti e brulle".
     
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    Francis Bacon Studio per ritratto di Van Gogh VI

    1957 - olio su tela - 198,1x142,2 cm - Londra, Arts Council Collection and Hayward Gallery


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    Insieme allo "Studio per ritratto di Van Gogh V", questo dipinto, ancora fresco, fu aggiunto da Francis Bacon alla sua esposizione del 1957 alla Hanover Gallery di Londra, quando era già stata inaugurata.
    Ispirandosi al quadro di Vincent Van Gogh, "Autoritratto del pittore sulla strada per Tarascona", Francis Bacon avrebbe realizzato sette versioni diverse di studi per il ritratto di Van Gogh.
    Analogamente a quanto raffigurato nello "Studio per ritratto di Van Gogh V", Bacon rappresenta l'artista solitario, munito solo di cavalletto e pennelli, guidato nella campagna dall'ispirazione, alla ricerca del giusto particolare paesaggistico da ritrarre.
    A differenza del precedente studio, tuttavia, Francis Bacon imposta e costruisce l'intera opera mediante spessa e rapide pennellate di colore puro.
    Sulla scorta dell'esempio di Van Gogh, che definisce come uno dei suoi "grandi eroi", per il modo in cui riusciva a rendere la "vividezza" della realtà, Bacon abbandona i toni scuri di blu, nero e grigio, schiarisce la tavolozza e nella parte inferiore del quadro usa un rosso puro infranto solo da un verde altrettanto brillante.
    Sopra questa base a destra si innesta il tronco robusto di un albero ritorto verso il lato destro del dipinto; poco più indietro rispetto a questo tronco si trova la figura dell'artista rappresentato come un'ombra, unico elemento scuro della composizione.
    L'artista si muove verso destra, nella stessa direzione del tronco creando un movimento opposto rispetto allo scorcio a sinistra con lo sfondo della campagna.
    L'intensa espressività dell'opera è raggiunta quindi non solo in virtù dei forti contrasti coloristici accentuati dalle pennellate spesse e scomposte, ma anche attraverso l'accorto incrocio delle diagonali compositive.
     
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    Francis Bacon Studio dalla balia della Corazzata Potemkin

    1957 - olio su tela, 198x142 cm - Francoforte, Städelsches Kunstinstitut


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    Francis Bacon maturò molto presto un interesse particolare per la fotografia e il cinema. Affermò anche se non si fosse dedicato alla pittura probabilmente sarebbe stato in grado di montare un film, visto il numero di immagini che lo avevano colpito durante gli anni. Uno dei lungometraggi che ebbero maggiore importanza nella sua formazione fu "La corazzata Potemkin" di Ejzenstejn, una vera e propria chiave d'apertura per la sua immaginazione. "Avevo visto quel film praticamente prima di cominciare a dipingere e mi aveva fatto una profonda impressione...l'intero film, non solo la sequenza della scalinata di Odessa" con l'immagine della balia morente; "C'è stato un momento in cui speravo di poter realizzare - questo non implica nessun significato psicologico - speravo la massima rappresentazione dipinta del grido umano. Non ci sono riuscito, quella di Ejzenstejn è di gran lunga migliore". Malgrado Bacon avesse affermato di nutrire interesse per tutto il film, la sequenza con in primo piano l'immagine del volto della balia a bocca aperta, gli occhiali rotti e il volto insanguinato, avrebbe costituito un modello usato dall'artista più volte per la rappresentazione del grido umano. Avrebbe costituito una delle basi sia per la realizzazione dei volti bloccati nel grido delle numerose versioni dei papi, che per questo quadro in cui il volto della balia di Ejzenstejn è quello di una figura intera inserita in una delle strutture a gabbia geometrica che servivano all'artista per isolare il soggetto principale al fine di enfatizzare l'impatto emotivo.
     
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    Francis Bacon Testa Ritratto

    1959 - olio su tela - 38,1x31,7 - New York, The Collection of Franklin and Susanne Konigsberg


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    "Penso che il mistero del dato reale sia comunicato da un'immagine creata con segni irrazionali". Proprio per questo Bacon riteneva che Rembrandt, sebbene in uno dei propri autoritratti non avesse definito nel dettaglio i particolari del proprio viso, risolvendolo con tocchi di luce e ombra, fosse riuscito tuttavia a comunicare la tensione, la vitalità dell'immagine senza scendere in una mera illustrazione della realtà. Questo obiettivo sembra essere all'origine della costruzione formale del piccolo dipinto intitolato "Testa ritratto", in cui la tensione è creata anche dall'ambiguità del titolo che indurrebbe a cercare una relazione tra l'immagine e l'eventuale persona ritratta. "Testa ritratto" sovverte quest'aspettativa e presenta un'evocazione potentemente espressionistica della forma, senza rivelare alcuna relazione evidente con un ritratto riconoscibile. Il denso impasto di colore bianco e nero determina il profilo destro della testa che, nella parte sinistra, si scioglie in pennellate scure che sembrano rendere le parti in ombra del viso, come l'orbita dell'occhio sinistro e la bocca; la macchia rosa nella parte superiore della testa, invece, allude alla calotta cranica e un'unica pennellata dello stesso colore, curva sotto l'occhio, accentua la profondità dell'orbita e crea il piano della guancia. Queste parti sembrano dissolversi nello sfondo realizzato con pennellate larghe di colore grigio liquido.
     
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    Francis Bacon Figura seduta (Cardinale rosso)

    1960 - olio su tela - 152,2x118 cm - Bruxelles, collezione privata


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    Il dipinto appartiene a una serie di papi in rosso realizzata da Francis Bacon all'inizio degli anni Sessanta. Sebbene la figura sia vestita con la mantellina e lo zuccotto rosso dei cardinali, il modello usato da Bacon è quello più volte affrontato nelle precedenti serie di papi.
    L'artista ha disteso le zone di colore bianco e verde chiaro per costruire tridimensionalmente il volto, evidenziandone alcuni particolari emergenti . la sporgenza della fronte, il sopracciglio rialzato, la punta del naso, la linea della bocca - e per collegare il volto con il collo, creando una linea semicircolare curva, simile a una parentesi che si ripete nel profilo del colletto bianco e poi, in senso inverso nell'agganciatura della mozzetta, nella linea della spalla e del braccio destro del Cardinale proseguendo, con una curvatura solo accennata, nel trono. E' un movimento ondulatorio progressivo che sembra avere origine dalla concentrazione espressiva della testa per allargarsi e sintetizzare la figura, deformandola e creando un effetto allucinatorio. Contribuisce ad accentuare quest'effetto il tono sanguigno di rosso che informa tutta la composizione, nei valori diversi usati per la base scura su cui appoggia il trono, lo sfondo più chiaro contro il quale risalta il marrone scuro dello schienale e infine la veste della figura.
     
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    Francis Bacon Tre studi per una Crocifissione

    1962 - olio e sabbia su tela - 198,2x144,8 cm - New York, Solomon R. Guggenheim Museum


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    Nel maggio del 1962 John Richardson organizzò alla Tate Gallery di Londra una grande mostra personale sull'opera di Francis Bacon.
    Vennero esposti circa 92 dipinti, ovvero almeno la metà di tutti i lavori eseguiti da Bacon a partire dagli inizi della sua attività artistica.
    L'esposizione sancì definitivamente l'affermazione internazionale di Bacon; infatti ebbe un tale successo che fu poi trasferita alla Kunsthalle di Mannheim, alla Galleria Civica d'Arte Moderna di Torino, alla Kunsthaus di Zurigo e allo Stedelijk Museum di Amsterdam.
    In occasione della mostra Francis Bacon realizzò il suo primo grande trittico intitolato "Tre studi per una Crocifissione". Nell'opera, per la prima volta l'artista combinò il tema della Crocifissione con il formato del trittico, inducendo la critica a indagare su una possibile relazione del pittore con la religiosità. Ma sarà l'artista stesso a chiarire l'assenza di un nesso fra la propria attività ed eventuali significati religiosi e a sottolineare che il tema della Crocifissione lo aveva ispirato solamente per il soggetto della rappresentazione, un corpo sofferente in croce.
    Riguardo invece alla scelta del formato di quest'opera dirà: "...Non so che si debba parlare di trittico nel mio caso. Certamente ci sono tre tele ed è possibile collegare questo fatto con una tradizione antica. I primitivi spesso usavano il formato del trittico, ma per quanto riguarda il lavoro, un trittico corrisponde più all'idea di una successione di immagini su una pellicola. Spesso usa tre tele, ma non c'è alcuna ragione di pensare che non potrei aggiungerne ancora...".
     
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    Francis Bacon Trittico-Crocifissione

    1965 - olio su tela, tre pannelli - 198x147,5 cm ciascuno - Monaco, Pinakothek der Moderne


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    Tre anni dopo il grande trittico con gli ''Studi per una crocifissione'', Francis Bacon torna allo stesso tema e ancora una volta lo tratta su tre pannelli distinti. Stimolato a spiegare quale fosse il motivo dell'insistenza si questo tema Bacon chiariva: "...L'arte europea conta un tale numero di grandi raffigurazioni della Crocifissione che essa costituisce una magnifica armatura su cui innestare ogni tipo di sentimento e di sensazione. Può sembrare curioso che una persona non religiosa adotti il tema della Crocifissione, ma non credo che qui la religione c'entri...finora non ho trovato un soggetto altrettanto valido per abbracciare certi campi del sentimento e del comportamento umani...sono stati così in tanti a occuparsi di questo particolare tema che è venuta a crearsi questa armatura - non trovo le parole migliori per dirlo - attorno alla quale uno può attivare ogni genere di livello sensibile".
    La ''Crocifissione'' del 1965 tuttavia, presenta anche un altro elemento che ha suscitato notevoli discussioni. La figura maschile nel pannello di destra porta una fascia rossa sul braccio con al centro una svastica. Bacon conservava libri su Hitler e la Germania nazista nel suo studio e una foto di Goebbels insieme a immagini di altro genere aveva già costituito materiale d'ispirazione per un suo dipinto. Interrogato sul ruolo di quella figura Bacon rispose: "...E' stata una cosa stupida, diciamo così, mettere quella svastica, ma volevo mettere una fascia per interrompere la continuità del braccio e per aggiungervi un tocco di rosso. Si può dire che è stato stupido da parte mia, ma l'ho fatto solo per tentare di far funzionare la figura - non funzionare nel senso di interpretarla come un nazista, ma funzionare esclusivamente a un livello formale".
     
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