Officina Bramante, tra rigore morale e effetto illusionistico

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    Un omaggio a un artista dai tanti interessi e talenti, che fu umanista, poeta, cosmografo. Così seppe trasmettere la lezione del Mantegna. Andando oltre

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    Il corpo non ancora martoriato è intatto, bellissimo, reso nella monumentalità di un busto antico, nella plasticità nuova delle carni. La luce e l’ombra si inseguono a sottolineare la sofferenza tutta umana del Cristo, il collo livido, il volto solcato di lacrime. È un’immagine di verità impressionante il Cristo alla colonna di Donato Bramante, l’unica opera su tavola a noi rimasta, ma che ben sa testimoniare il classicismo rigoroso e insieme coinvolgente, la capacità di armonizzare le regole della prospettiva, la grandiosità della costruzione architettonica con la drammaticità del racconto. Nonostante la sua fama sia soprattutto dovuta alle imprese romane, è nel precedente soggiorno a Milano e in Lombardia che l’artista, formatosi al magistero di Piero della Francesca, dell’Alberti e del Laurana nella raffinata corte di Urbino, porta a maturazione quelle originali soluzioni che lo renderanno un protagonista centrale del grande Rinascimento italiano. E oggi, a cinquecento anni dalla sua morte, la Pinacoteca di Brera lo celebra con una mostra curata da Sandrina Bandera, Matteo Ceriana, Emanuela Daffra, Mauro Natale e Cristina Quattrini, dedicata alla sua opera pittorica, tanto rara ma altrettanto preziosa a delineare la portata innovativa del suo linguaggio e l’impatto che la sua opera ha avuto in ogni ambito delle arti figurative lombarde. «È la più intima essenza di Bramante quello che i capolavori riuniti a Brera si propongono di evidenziare.

    Un omaggio a un artista dai tanti interessi e talenti, che fu umanista, poeta, cosmografo, che seppe trasmettere la lezione del Mantegna ma andando oltre, dialogando con le realtà e le tradizioni figurative ancora tardo-gotiche locali, sperimentando le tecniche e i materiali più vari. Decori, apparati lignei, oreficerie, tutto a San Satiro come in Santa Maria delle Grazie, a Vigevano o a Pavia, doveva essere approvato da lui, ingegnere ducale e consulente per eccellenza, quasi arbiter elegantiarum degli Sforza», precisa Sandrina Bandera. «In lui — aggiunge — tutto è pensato alla luce di una prospettiva architettonica unitaria, di una visione armonica degli spazi e degli effetti illusionistici, nelle chiese, nelle piazze, nei cicli di affreschi che progetta quale regista di grandiose imprese scenografiche. La grande rivoluzione di Bramante è proprio questa». L’impatto della mostra è fortissimo. Ad accogliere i visitatori sono le prime prove dell’attività dell’artista in Lombardia, l’affresco per il Palazzo del Podestà a Bergamo e quell’Interno di tempio o Incisione Prevedari del 1481 che lasciò echi importanti delle sue invenzioni — la prospettiva vertiginosa del colonnato, le volte cassettonate, l’oculo, i fregi col centauro — nel cantiere di San Satiro, nell’opera di Matteo da Milano, del Butinone, di Vincenzo Foppa con la sua bellissima Madonna del tappeto, dell’allievo Bergognone.
    Ma la sezione forse più spettacolare del percorso è quella dedicata ai celeberrimi Maestri d’arme dipinti per il palazzo del nobile Gaspare Visconti, intellettuale e amico dell’artista, così come Filippo Eustachi o Gian Giacomo Trivulzio. Ormai lontani gli austeri «baroni» dell’Amadeo e del Mantegna, quella che ci viene incontro è un’umanità nuova, giganti di cui sono messe in evidenza le virtù eroiche e morali con un potente effetto illusionistico. Si rivelerà una sorpresa questo evento di Brera. Per gli inediti, illuminanti accostamenti tra le opere della collezione permanente e i tanti prestiti di qualità straordinaria messi a confronto, gli studi del Bramantino, il Salvator mundi del Bergognone, gli Angeli cantori e suonatoridi Bernardo Zenale. Ma anche per la scoperta di un Bramante diverso, non solo il grande architetto, non solo il teorico, ma un uomo versatile, aperto alle novità, fantasioso, come ci restituisce quella sorridente immagine di Democrito da molti ritenuta il suo autoritratto.

    corriere.it
     
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