Anna Aaron - Neuro

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    Senza lasciare grosse tracce nell'immaginario comune, eppure dotato di una personalità dirompente e di una freschezza compositiva che avrebbero meritato tutt'altro trattamento, tre anni fa “Dogs In Spirit”, per quanto manifesto ancora incostante e senz'altro perfettibile, metteva in mostra il talento obliquo ed erudito di Cécile Meyer, polistrumentista svizzera dal lirismo intricato e dalla sfuggente sensibilità, calatasi nei panni della misteriosa Anna Aaron. Riferimenti biblici, simbologie complesse, una sensibilità in grado di passare con disinvoltura da partiture in odore di musica neoclassica all'intero scibile del rock al femminile, dal cantautorato pop al blues e all'avanguardia, il tutto affidato alle altrettanto suggestive cure canore della firmataria: questo e molto altro ancora animava il primo disco, e questo e molto altro ancora finisce per informare anche la seconda fatica sulla lunga distanza della musicista di Basilea, tutt'altro che propensa ad addolcire i toni della propria musica.
    Anzi, se possibile la complica e la imbroglia ancora ulteriormente, dimostrandosi caparbia e capace di tenere testa alla sua grande ambizione. Trasportando il contesto tematico in una più stringente attualità, indagando il labirintico rapporto tra uomo e tecnologia, mai veramente risolto o risolvibile (l'ispirazione deriva da “Neuromancer” di William Gibson, testo fondamentale della letteratura cyberpunk), la cantautrice scava ancor più in profondità nei meandri della propria introspezione e della psiche umana, ideando una sorta di reticolo di diffrazione in cui melodie e arrangiamenti si scombinano e si ricombinano in continuazione, rendendo di fatto impossibile rilevare una parvenza di univocità anche soltanto nel singolo brano. Lucida tridimensionalità.

    Nonostante ciò, non vi è alcuna traccia di dispersività, l'effetto pot-pourri implicito in molte operazioni del genere viene sventato da una consapevolezza compositiva e da una produzione accurata (alla regia David Kosten, già al lavoro con Bat For Lashes ed Everything Everything), che custodiscono, per quanto paradossale possa sembrare, la preziosa mutevolezza di ciascuna componente. Tutt'altro che incentrato sul pianoforte come poteva essere il precedente, e con l'ingresso in scena di interessanti prurigini elettroniche, “Neuro” si palesa come fervido manuale sulle potenzialità di manipolazione della forma-canzone, un'analisi approfondita sulle sue infinite possibilità comunicative, affrontate senza timore o fobia alcuna, ma anzi costantemente aggredite, avvoltolate, come se non fosse mai abbastanza.
    E davvero sembra non averne mai abbastanza, Anna: a costo di strafare, di sporcare brani capaci di reggersi in piedi anche con una maggiore esilità, non arretra di un passo rispetto alle proprie idee, le lascia fiorire essendo disposta a perdere momentaneamente il controllo. Se quindi indovina alla perfezione la psicosi danzereccia di “Totemheart” (contemporaneamente momento più alto e più lineare nell'insieme, considerando pure l'inserto spoken-word), con tanto di testo che approfondisce il versante “mistico” della sua iconografia lirica, altrove la ricchezza negli arrangiamenti non ripaga con gli stessi risultati. Le strutture sono sempre fastose e imprevedibili, dotte e spiazzanti, ma ogni tanto l'equilibrio si sposta verso una complicazione non sempre decifrabile, quasi lo specchio di quelle nevrosi contenute sin dal titolo (“Doubleclub”, “Case”).

    “Simstim”, la spiazzante ballata invernale posta a chiusura, con il suo manto pianistico fa leva su quel sentimento blues che ha costituito parte della fortuna di Nadine Shah, accentuando però la componente più spiccatamente drammatica, in passaggi che vedono la Meyer incrementare il carico complessivo di inquietudine. Ma niente sono questi ultimi in confronto alle stralunate bizzarrie sintetiche di “Heathen”, con il beat a simulare pulsazioni in scia techno, o al crescendo inatteso di “Linda”, risolto con apparente semplicità ma figlio di un'espressività davvero complessa nella concezione: sono soltanto alcuni tra i migliori frammenti di un portentoso caleidoscopio, che corre consapevolmente il rischio di accecare con le sue molteplici combinazioni cromatiche.
    La rabbia di una Polly Jean Harvey, tra oscurità e redenzione, di “Neurohunger”, i cambi di registro in rincorsa di “Labyrinth”, giocati su un bel tappeto percussivo, le abrasioni chitarristiche di una “Stellarling”, sfruttata sapientemente come singolo di lancio, nella sua foga bluesy in cerca di preziose derive mitteleuropee; ovunque si vada a pescare, a risaltare sono sempre le potentissime aspirazioni di Cécile, cosciente che osare sia l'unica via per non lasciarsi fregare. Il terzo album risolverà, si spera, gli ultimi dubbi rimasti.



    Tracklist

    Off
    Case
    Stellarling
    Girl
    Linda
    Labyrinth
    Sutekina
    Neurohunger
    Doubleclub
    Heathen
    Totemheart
    Simstim

    ondarock



     
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