Anais Nin - Vita, opere e aforismi

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  1. Àrtemisia
     
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    Anais Nin



    Anaïs Nin (Neuilly-sur-Seine, 21 febbraio 1903 – Los Angeles, 14 gennaio 1977) è stata una scrittrice statunitense ma francese di nascita.
    Considerata una delle più controverse autrici del Novecento: donna affascinante, cosmopolìta e dall'eleganza oriental-mitteleuropea, è cresciuta tra l'Europa e New York, destando scalpore nell'ambiente letterario con la pubblicazione dei suoi racconti a contenuto erotico.
    La sua opera maggiormente conosciuta è probabilmente il Diario, una raccolta di scritti autobiografici in forma, appunto, di diario iniziata nel 1931 (e aggiornata fino alla morte), che è stata pubblicata a partire dal 1966.
    In virtù dei suoi lavori, lo stile compositivo di Nin viene annoverato fra i maggiori contributi alla letteratura erotica, con scritti - redatti con stile da vera e propria grafòmane - dalle cui pagine emerge l'enorme passione per la scrittura che ha coltivato fin dalla più giovane età.

    Figlia di Joaquin Nin, pianista originario di Cuba e di una cantante franco-danese, Anaïs trascorre l'infanzia in Europa fino all'abbandono del padre. Anaïs all'epoca aveva 11 anni, e nel Diario 1 ricorda come proprio in quell'occasione tutt'altro che piacevole sia iniziata la passione per la scrittura: inizierà il suo primo diario come una lunga lettera al padre andato via.
    Dopo l'abbandono paterno, Anaïs si trasferisce con la madre e i fratelli a New York, dove conosce l'ambiente americano, studia danza spagnola e vive con la famiglia finché, ventenne, si sposa con Hugh Parker Guiler, di professione bancario e futuro cineasta sperimentale.
    A Parigi Nin era arrivata nel 1929, poco prima della pubblicazione del saggio su Lawrence, richiamata dal fervido clima intellettuale della città che negli anni trenta ospita alcuni tra i più grandi artisti, scrittori, poeti, musicisti dell'epoca. Si stabilisce a Louvenciennes, alle porte della capitale, dove inizierà a compilare - conservandola per una successiva pubblicazione - la prima parte del suo diario, che diventerà poi famoso come Diario di Anaïs Nin. A Parigi conosce Henry Miller, autore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, si innamora della sua rudezza, del suo modo di trattare le parole con fare burbero.
    Il matrimonio si rivelerà presto un'amara prigione per la scrittrice che, anni dopo, si rifugerà in numerose relazioni adulterine, quasi a riscattare il senso di noia profonda che la avvolgeva. A Guiler resterà sposata tuttavia fino alla morte, anche in virtù dell'annullamento di un secondo matrimonio, tenuto a lungo segreto, contratto in Arizona nel 1955 con Rupert Pole.
    Il rapporto di Nin con la psicoanalisi è controverso. Inizia già a Parigi, dove cerca di ritrovare se stessa. Ben presto andrà in analisi da Otto Rank, allievo di Sigmund Freud, col quale intreccerà una relazione, che la condurrà a collaborare con lo psicologo a New York. La carriera da psicoanalista l'annoierà quasi subito, confusa tra se stessa e le turbe dei pazienti, Anaïs tornerà alla sua verità grazie alla letteratura. Negli anni '50 sperimenta l'LSD, come documentato nel saggio contenuto in "The diary of Anais Nin" in cui la scrittrice descrive il modo in cui la sostanza agisce sulla creatività e sulla percezione del proprio subsconscio.

    La Nin muore di cancro a Los Angeles assistita da Rupert il 14 gennaio 1977. Pochi anni prima aveva ricevuto una laurea ad honorem in lettere dal Philadelphia College of Art.

    Bibliografia

    1931 - D.H. Lawrence: An Unprofessional Study, trad. Delfina Vezzoli, D.H. Lawrence. Uno studio non accademico, Bompiani, Milano 1988
    1936 - House of Incest, con fotomontaggi di Val Telberg, trad. Carlo Alberto Corsi, La casa dell'incesto, Guanda, Parma 1979; trad. Maria Caronia, La casa dell'incesto, SE, Milano 1986 ISBN 8877100281 e Feltrinelli, Milano 1992
    1939 - La voce, Bompiani, Milano 1981 ISBN 8845219100
    Winter of Artifice (1939), trad. Delfina Vezzoli, Inverno artificiale
    nell'ed. 1942 il primo racconto Djuna è sostituito da Stella
    Under a Glass Bell (1944), silografie di Ian Hugo, trad. Orazio Viani, Sotto la campana di vetro (su licenza Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1951)
    1959 - Cities of Interior, raccolta di cinque romanzi:
    1946 - Ladders to Fire, trad. Monica Pavani, Scale di fuoco, Fazi Editore, Roma 1998
    1947 - Children of the Albatross, trad. Martina Rinaldi, Figli dell'albatros, Fazi, Roma 2001 1950 - The Four-Chambered Heart, trad. Martina Rinaldi, Le quattro stanze del cuore, Fazi, Roma 1999
    1954 - A Spy in the House of Love, trad. Delfina Vezzoli, Una spia nella casa dell'amore, Bompiani, Milano 1979
    1961 - Seduction of the Minotaur, postfazione di Wayne McEnvilly, trad. Gioia Zanette, Seduzione del Minotauro, SugarCo, Milano 1963; trad. Martina Rinaldi, Seduzione del Minotauro, Fazi, Roma 2000
    1958 - Solar Barque (uscito in precedenza, poi parte di Seduction of the Minotaur)
    1964 - Collages, illustrazioni di Jean Varda, trad. Maria Luisa Minio-Paluello, Collages, a cura di Viola Papetti, Fazi, Roma 1996
    1968 - The Novel of the Future
    1969 - Delta of Venus, trad. Delfina Vezzoli, Il delta di Venere, Bompiani, Milano 1978 ISBN 8845246531 scritto originariamente negli anni quaranta
    1970 - Nuances (edizione rara di 99 copie firmate)
    1976 - A Woman Speaks. The Lectures, Seminars, and Interviews of Anaïs Nin, a cura di Evelyn J. Hinz
    1976 - In Favor of the Sensitive Man and Other Essays
    1976 - Aphrodisiac, disegni erotici di John Boyce su brani dalle opere di e con prefazione di Anaïs Nin
    1977 - Waste of Timelessness and Other Early Stories, introduzione di Gunther Stuhlmann
    1979 - Little Birds, trad. Delfina Vezzoli, Uccellini, Bompiani, Milano 1980
    1980 - The Illustrated Delta of Venus (in ed. economica 1990)
    1986 - Henry and June. From a Journal of Love: the Unexpurgated Diary, prefazione di Robert Pole, trad. Delfina Vezzoli, Bompiani, Milano 1987 ISBN 8845246574 basato sui diari degli anni 1931-1932
    1987 - A Literate Passion. Letters of Anaïs Nin and Henry Miller, a cura di Gunther Stuhlmann, trad. Francesco Saba Sardi, Storia di una passione. Lettere 1932-1953, Bompiani, Milano 1989
    1992 - Incest. From a Journal of Love: the Unexpurgated Diary, trad. Francesco Saba Sardi, Incesto, Bompiani 1993 ISBN 8845251187 basato sui diari degli anni 1932-1934
    1992 - Letters to a friend in Australia, postfazione di David N. Pepperel
    1994 - Conversations with Anais Nin
    1995 - Fire. From a Journal of Love: the Unexpurgated Diary, trad. Delfina Vezzoli, Fuoco, Bompiani, Milano 1996
    1995 - The Mystic of Sex and Other Writings, 1930-1974, introduzione di Gunther Stuhlmann, trad. Anna Chiara Gisotti, Mistica del sesso, Fazi, Roma 1997
    1996 Nearer The Moon. From a Journal of Love: the Unexpurgated Diary, prefazione di Rupert Pole, note di Gunther Stuhlmann
    2004 - Morale des épicentres di Marcel Marceau ed. Denoël, contiene 15 lettere di Nin all'autore
    2005 - Artists and Models
    2005 - The Collector's Edition of Lost Erotic Novels contiene:
    White Stains (Anaïs Nin) oltre a: Instruments of the Passion (anonimo, ma Alizarin Lake); Misfortunes of Mary (anonimo, ma Arnold Kem) e Innocence (Harriet Daimler)
    2007 - Eros Unbound

    Anaisnin

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  2. Àrtemisia
     
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    Anais Nin - Aforismi e pensieri



    Perché si scrive è una domanda a cui posso rispondere facilmente, dato che me lo sono chiesto così spesso. Penso che un autore scriva perché ha bisogno di creare un mondo in cui poter vivere. Io non potrei mai vivere in nessuno dei mondi che mi sono stati offerti: il mondo dei miei genitori, il mondo della guerra, il mondo della politica. Dovevo crearne uno tutto mio, come un luogo, una regione, un'atmosfera in cui poter respirare, regnare e ricrearmi quando ero spossata dalla vita. Questa, credo, è la ragione di ogni opera d'arte.


    L'essere normale raggiunge la felicità e crede in essa, vi si aggrappa finchè non va davvero in pezzi, ma un essere anormale raggiunge solo una relativa felicità che è in continua fluttuazione.

    Quello che chiamiamo il nostro destino è in realtà il nostro carattere e il carattere si può cambiare.

    Il romantico si sottomette alla vita, il classico la domina.

    La vita si rimpicciolisce e si ingrandisce in proporzione al proprio coraggio.
     
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  3. Àrtemisia
     
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    Anais nin - Pensieri e aforismi



    Monotonia, noia, morte. Milioni di persone vivono in questo modo (o muoiono in questo modo), senza saperlo. Lavorano negli uffici. Guidano una macchina. Fanno picnic con la famiglia. Allevano bambini. Poi interviene una cura “urto”, una persona, un libro, una canzone, che li sveglia, salvandoli dalla morte.

    Non vediamo le cose come sono, ma vediamo le cose come siamo.

    Quello che non posso amare, non mi interessa.

    Scriviamo per assaporare due volte la vita: nel momento e in retrospettiva.

    Noi viaggiamo e alcuni di noi per sempre, nella ricerca di altre situazioni, altre vite, altre anime.

    La nostra vita è composta in gran parte dai sogni, dall'inconscio. E devono essere intrecciati con l'azione.

    Se la felicità è l'assenza di febbre non saprò mai cos'è la felicità. Perchè io sono posseduta da una febbre per la conoscenza, l'esperienza e la creazione.

     
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  4. Àrtemisia
     
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    Quando adottiamo ciecamente una religione, un sistema politico, un dogma qualsiasi, siamo diventati automi e smettiamo di crescere.

    Le persone che vivono intensamente non hanno paura della morte.

    Ci sono molti modi per essere liberi. Uno di questi è quello di trascendere la realtà dalla fantasia, come cerco di fare.

    Se due menti e due anime precedono l'incontro dei loro corpi e cuori, sarà un'unione indissolubile.

    Tu desideri la pace perchè la tua fantasia possa penetrare tutta quella greve materia, invece io rifuggo la pace per vivere le mie emozioni ed entrambi questi modi di vivere conducono alla stessa follia.
     
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  5. Àrtemisia
     
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    Sono parte di una corrente

    C’è qualcosa che non va in me.
    Voglio soltanto vivere con l’intimo io del prossimo.
    Di esso solo mi curo.
    Odio vedere la quotidianità della gente,
    le loro maschere, le loro falsità, la loro resa al mondo,
    la loro somiglianza agli altri, la loro promiscuità.
    A me importa solo l’io segreto.
    Cerco soltanto il sogno e l’isolamento.
    Ho paura che ognuno parta, vada via,
    che l’amore muoia in un istante.
    Guardo la gente che cammina per la strada,
    che cammina e nient’altro, ed è questo che sento:
    camminano, ma vengono anche trascinati via.
    Sono parte di una corrente.

     
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  6. Àrtemisia
     
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    Io non mi presto a chiacchiere da poco. Sto zitta, mi sottraggo, mi allontano. Sono sempre catturata dalla natura profonda della gente, impegnata nella ricerca della loro verità e il mio interesse si sveglia solo quando è questa natura che parla.

    Ciò che le persone vogliono realmente non è la conoscenza, ma la certezza. Non serve tanto il desiderio di credere quanto quello di scoprire, che è esattamente il suo opposto. Ogni umana attività è indotta dal desiderio.

    Ciò che non si può trasformare in qualcosa di meraviglioso, lo lascio andare.


    Abissi



    Ci sono abissi in cui la maggior parte degli esseri umani non osa scendere.
    Sono gli inferni della nostra vita istintiva, il viaggio nei nostri incubi, necessario per rinascere.

    Disprezzo la mia stessa ipersensibilità, che esige tanta rassicurazione, ma nello stesso tempo
    mi rende così consapevole della sensibilità altrui.
    Il mio bisogno di essere amata e capita è certamente anormale.
    Forse io trovo fiducia in me stessa cercando di conquistare gli uomini.
    O forse sto corteggiando il dolore?

    Io sono come la sfera di cristallo in cui la gente trova la sua unità mistica.
    A causa della mia ossessione per l’essenziale, della mia noncuranza per i dettagli, le banalità, le interferenze, le contingenze, le apparenze, le facciate, i travestimenti, guardare dentro di me è come guardare nella sfera di cristallo.
    Gli altri vedono il loro fato, il loro io potenziale, il loro io segreto.
     
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  7. Àrtemisia
     
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    Anais Nin - Arthur Miller - Storia di una passione - Lettere



    Anaïs, sei stata tu a dare il via allo scorrere della linfa. Non sono più responsabile di ciò che dico e che faccio. Ascolta, riceverai la lettera e forse ne resterai delusa.
    È un così piccolo frammento di quello che avrei da dirti, e ancora mi manca il coraggio che dovrei avere.
    Perché, accidenti, perché?
    Tu mi hai dato il permesso.
    Ma te l’aspetti tutto quello che ho da dirti?
    Mi hai letto tutti i tuoi appunti – sì, sì c’è differenza fra ciò che dico e ciò che faccio, diciamo che c’era.
    Anaïs, vengo di continuo interrotto. Cercherò di continuare a casa. La gente intorno si incuriosisce del fatto che molto spesso io sia qui intento a scrivere.
    Pensano che io sia uno che va in cerca di punizioni.
    Mi chiedono perché non me ne vado a casa.
    Anaïs, potrei restare qui tutta la notte a scriverti.
    Ti ho continuamente davanti agli occhi, il capo chino, le lunghe ciglia abbassate.
    E mi sento umilissimo.
    Non capisco perché tu abbia dovuto scegliere me, non riesco a venirne a capo.
    Ma non ho voglia di andare troppo a fondo. Mi hai messo il fuoco dentro e adesso non potrò più essere quello che ero, semplicemente tuo amico.
    Ma sono mai stato soltanto tale?
    Ho l’impressione che fin dal primissimo inizio, da quando ho aperto l’uscio e mi hai porto sorridendo la mano, io sono rimasto preso, ero tuo.
    Anche June l’ha avvertito. Ha detto subito che eri innamorata di me o che io lo ero di te.
    Ma per quanto mi riguardava non ignoravo che fosse amore.
    Parlavo di te con calore, senza riserve.

    Henry

    Ieri non intendevo bruciarti – ero come in un sogno – e a tal punto dissolta che non ti ho sentito alzarti…mi aggrappavo a un prolungamento di quell’istante.
    Quando adesso ci ripenso, provo rimorso per averti bruciato, dimmi che mi perdoni, l’ho fatto senza volerlo.
    Non riesco a scriverti Henry, sebbene sia rimasta sveglia tutta la notte, a dirti, -tutta la notte- che l’uomo che ho scoperto ieri… l’uomo cher ho sentito con i miei sentimenti fin dal primo istante, tutte le montagne di parole, scritti, citazioni, si sono disperse e adesso conosco solo lo splendore, l’accecante splendore della tua stanza e quell’irreale momento, come può un istante essere così irreale e così caldo – così caldo.
    E tanto quello che desideri sapere. Ricordo la tua frase “soltanto le puttane mi apprezzano”. Avrei dovuto dirti…con le puttane puoi avere solo una consapevolezza di sangue, tra noi c’è troppa mente, troppa letteratura, troppa illusione, ma poi tu hai negato che ci fosse solo mente…
    Il mio volto ti induce a ritenere che le mie aspettative sono alte, altissime ma adesso sai che non è solo la mia mente ad avere coscienza di te.
    Coscienza di te, in maniera caotica. Amo la tua strana, ingannevole dolcezza che sempre si tramuta in odio.
    Come mai ho scelto te?
    Io ti ho “visto” in quel modo intensamente selettivo – ho visto una bocca che era insieme intelligente, animalesca e soffice. Uno strano miscuglio, un uomo umano, sensitivamente conscio di ogni cosa – e io amo la consapevolezza – un uomo, te l’ho detto, che la vita ha reso ebbro.
    Il tuo non era un riso che potesse offendere, era dolce e ricco.
    Mi sentivo calda, con la testa che mi girava, dentro di me cantavo.
    Dicevi sempre le cose più vere e più profonde, lentamente, e hai un modo di parlare, come un sudista, ehm, ehm, strascicato, mentre sei intento nel tuo viaggio introspettivo, che mi ha toccato corde profonde.
    Henry anche io desidero stare qui a scriverti a lungo, è quasi come esserti vicino.
    Non ti ho detto la gioia che ho provato al tuo ritorno da Digione e che gioia acuta avverto quando agisci spontaneamente come faccio io.
    E quale gioia ancora quando, nel pieno della follia, tu dici qualcosa di profondissimo, le improvvise illuminazioni del vivere, la lampada mai del tutto spenta, amore anche questo.
    Il vivere oscuramente e quella consapevolezza, lì apprezzo. Non so se capisci, sono per me come un’intensificazione di ogni piacere.
    Amo anche il creatore in te, quello che arricchisce e dilata il vivere in modi ignoti a chiunque altro.
    Amo il sincero e l’insincero (ero deliziata quel giorno in cui, mentre leggevo una tua lettera, mi sono resa conto, nel bel mezzo della lettura, che sarebbe stata una prefazione).
    On se pénètre non par les sensations mais par la pensée, non è così?
    Domani non sarò da Natasha; scrivimi o telefonami a casa, la sera anche solo per dirmi quello che vuoi dire o fare. Mi limiterò a rispondere solo “sì” o “no” se c’è qualcun altro. Temo che domani, mercoledì, non riuscirò a vederti eppure ho da dirti tante cose in merito a quella parte del tuo libro, l’ultima che è straordinaria.

    Anaïs
     
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  8. Àrtemisia
     
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    Sono rimasto sbalordito quando stamane ho ricevuto la tua lettera.
    Nulla di ciò che io potrei mai dire sarà alla pari di queste parole.
    A te la vittoria –mi hai messo a tacere- per quanto riguarda l’abilità nell’esprimere queste cose per iscritto, voglio dire. Non puoi sapere quanta meraviglia provi per la tua capacità di asserire rapidamente e poi far cadere una pioggia di lance, inchiodando, penetrando, avviluppando tutto con il tuo intelletto.
    Un’esperienza che mi lascia senza fiato.
    Provo una singolare esaltazione, un empito di vitalità e poi abbandono, vuoto, meraviglia, incredulità…
    Tutto, proprio tutto.
    Mentre rincasavo ho continuato a fare attenzione al vento primaverile –ogni cosa era divenuta soffice e fragrante, l’aria mi leccava il viso, l’inghiottivo senza mai esserne sazio.
    E finché non ho avuto la tua lettera, sono stato in preda al panico.
    Temevo che tu ti rimangiassi tutto.
    Ma mentre leggevo –e leggevo molto lentamente, perché ogni parola era per me una rivelazione- ripensavo al tuo volto sorridente, a quella tua gaiezza innocente, qualcosa che avevo sempre cercato in te senza rendermene esattamente conto.
    Ci sono state volte in cui hai esordito così –a Louveciennes- e poi la mente vi è passata attraverso rovinosamente, ed ecco che vedevo gli occhi dallo sguardo grave, occhi ben spalancati, e la tua bocca dura, che quasi quasi mi spaventava o per lo meno sempre mi intimidiva.
    Mi hai reso enormemente felice considerandomi indiviso –lasciandomi, essere, diciamo, l’artista, senza dimenticare l’uomo, l’animale, l’amante bramoso, insaziabile.
    Nessuna donna mi ha mai concesso tutti i privilegi di cui ho bisogno e tu, tu che canti con voce così spiegata, con tanta baldanza, ma pur sempre ridendo-, sì, tu mi inviti ad andare avanti, a essere me stesso, a osare ogni cosa.
    E per questo ti adoro.
    È qui che sei davvero regale, una donna straordinaria.
    Rido di me stesso, adesso che penso a te.
    Non ho paura della tua femminilità.
    Il fatto che tu ardevi, è questo che voglio, non potrei volere altro.
    Vedi, nonostante tutte le mie affermazioni, non ero affatto preparato alla tempesta che tu hai scatenato.
    Quell’istante nella tua stanza in cui, in piedi, in incerto equilibrio, ti sei attaccata a me, quell’istante mi ha accecato.
    E sai quello che è accaduto dopo –spero che vorrai perdonarmelo-
    E ricordo vividamente il tuo abito, il color e la trama, la sua voluttuosa, aerea spaziosità, proprio quello che ti avrei implorato di indossare se fossi stato in grado di anticipare il momento.
    Ero anche consapevole di tutto ciò cui tu alludevi, ma anche enormemente sollevato dalla costatazione che tutte queste cose tu le trattavi –stavo per dire con sfacciataggine- ma no, era nonchalance.
    E oggi, nel più prezioso stato di buona salute, avevo languorosisseme sensazioni di dolore alle braccia, derivanti dal fatto che ti ho tenuta così stretta. Solo lentamente, lentissimamente, me ne sono reso conto. Mi piacerebbe, quesa sensazione, conservarla.
    Anaïs, questa mia te la invio all’altro indirizzo. Per rozzo che io sia, conservo un certo sentimento di delicatezza che mi impedisce di inviarti cose del genere a Louveciennes. Spero che tu comprenda.
    Allego altre parti del manoscritto di Fred ed anche del mio.
    Nota con quanta esattezza hai anticipato ciò che ho scritto oggi: mi riferisco alle tue parole in merito a “caricature, odio, eccetera”.
    Ti telefonerò domani, attorno a mezzogiorno e, se per caso, al telefono, non verrai tu, magari ti richiamo la sera.
    Queste faccende mi rendono timido o è forse finta delicatezza?
    Non lo so.
    Quando ti telefono, sarò in grado di dirti se domani è possibile incontrarci o no –sai, non ho ancora sistemato la faccenda del mio libretto di lavoro con la polizia- le lungaggini burocratiche non hanno mai fine

    Henry
     
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  9. Georgette
     
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    ANAIS NIN, ESPLORATRICE DELL' ANIMO UMANO

    Anais Nin è molto conosciuta come scrittrice di letteratura erotica, ma pochi sanno che fu soprattutto una grande esploratrice dell’animo umano e che per qualche tempo praticò anche la professione di psicoanalista, dopo aver fatto la modella, la danzatrice, la scrittrice, la conferenziera. Nata a Neully, nelle vicinanze di Parigi, il 21 Febbraio 1903, Anaïs Nin era figlia di Joaquin Nin, compositore e pianista cubano di origine catalana, e di Rosa Culmell, cantante, di origine franco-danese. La Nin passò la sua infanzia in varie parti d’Europa, fino a che suo padre, quando lei aveva 11 anni, decise di abbandonare la famiglia per seguire una donna più giovane. Rosa prese allora Anaïs ed i suoi due fratelli più piccoli, Thorvald di 9 anni e Joaquin di 6, e partirono tutti per New York. Durante il lungo viaggio, Anaïs scoprì per la prima volta la passione per la scrittura. Scriveva infatti nel diario: “Voglio descriverti, papà caro, ciò che sto vedendo durante questo stupendo viaggio. Potrò così avere l’illusione che tu sia qui con me e che tu stia guardando le cose coi miei occhi”. In realtà suo padre era definitivamente uscito dalla sua vita, salvo qualche fugace incontro successivo, che comunque non colmaò la sua ossessiva ricerca di una figura paterna, che si portò dietro per tutta la vita.

    Anaïs, giunta in America, lavorò come modella, studiò danza spagnola e visse con sua madre ed i suoi fratelli fino al giorno delle nozze. Il fortunato sposo era Hugo Guiler. Le nozze furono celebrate nel 1923, quando Anaïs aveva venti anni. Con il marito la futura scrittrice rimase in America per 12 anni, prima di fare ritorno a Parigi. Fu un matrimonio pieno di infedeltà, perché Anaïs sentiva il bisogno di conquistare molti uomini, dopo aver perso l’uomo più importante della sua vita, suo padre. “Se mio padre se n’è andato … se non mi amava, dev’essere perché non ero amabile…come cortigiana avevo già assaggiato il fallimento, dovevo trovare altri modi per interessare gli uomini”. Hugo era un bancario, ma aveva l’hobby della regia ed era, in questa attività, abbastanza apprezzato, anche se si firmava con uno pseudonimo. Nel 1931 Anaïs pubblicò il suo primo libro:”D. H. Lawrence”, che le conferì il riconoscimento pubblico come scrittrice. In quel periodo cominciò anche a scrivere la sua opera più importante, il diario. Anaïs scriveva sui treni, ai tavolini dei caffè, mentre aspettava per un appuntamento: come un talismano, portava sempre il diario con sé, come per avere la sua vita sotto braccio. “Questo diario è il mio kief, il mio hashish, la mia pipa d’oppio. E’ la mia droga e il mio vizio. Invece di scrivere un romanzo, mi sdraio con questo libro e una penna e indulgo in rifrazioni e diffrazioni.”

    A Parigi Anaïs conobbe Henry Miller, un americano di quaranta anni che scriveva romanzi, ma che non aveva ancora raggiunto il successo. Così scrive la Nin di lui nel Diario: “Ho conosciuto Henry Miller. E’ venuto a colazione con Richard Osborn, un avvocato che avevo dovuto consultare a proposito del contratto per il mio libro su D. H. Lawrence. Mi è piaciuto subito, non appena l’ho visto scendere dalla macchina e mi è venuto incontro sulla porta dove lo stavo aspettando. La sua scrittura è ardita, virile, animale, magnifica. E’ un uomo la cui vita inebria, pensai. E’ come me. Era caldo, allegro, disteso, naturale. Sarebbe passato inosservato in una folla. Era snello, magro, non molto alto. Ha occhi azzurri, freddi e attenti, ma la sua bocca rivela emotiva vulnerabilità”. Con Miller la Nin intrecciò una relazione carnale ed intellettuale che sfociò in un triangolo amoroso quando giunse a Parigi la moglie di Miller, June. La Nin scrisse di lei : “era la donna più bella che avessi mai visto”. Di questa storia si parla nel primo diario, quello fra il 1931 ed il 1934, anche se in un primo momento sono state tolte tutte le vicende più scabrose. Il suo secondo diario, che va dal 1934 al 1939, si apre invece con l’arrivo dell’autrice nella Grande Mela, dove Otto Rank l’aveva chiamata per aiutarlo nel suo lavoro di psicoanalista. La Nin, a Parigi, si era infatti sottoposta ad una analisi con Otto Rank, uno fra i primi discepoli di Freud, con il quale aveva poi intrapreso una relazione.

    La carriera di psicoanalista fu brevissima, perché Anaïs sentiva di confondersi troppo con le sofferenze dei pazienti e questo non le piaceva. Tornò in Francia, ma poco dopo scoppiò la seconda guerra mondiale ed Anaïs Nin fu costretta a ripartire per New York, questa volta non per amore dei viaggi e dell’avventura, ma in fuga, con immenso senso di smarrimento. Gli anni Quaranta a New York non furono inizialmente facili per la scrittrice e di essi possiamo sapere leggendo il suo terzo diario, che si conclude nel 1944, quando la Nin pubblicò Sotto una campana di vetro. Era ormai una scrittrice nota ed ammirata negli Stati Uniti. In quegli anni le capitò un fatto piuttosto strano: un collezionista di libri aveva offerto ad Henry Miller cento dollari al mese per scrivere racconti erotici. Miller aveva accettato per bisogno di denaro e, allegramente, inventava storie piccanti sulle quali rideva insieme ad Anaïs.

    Dopo un po’ però ne ebbe abbastanza, per cui propose all’amica di scrivere anche lei qualcosa. Anaïs cominciò, ma il collezionista le fece sapere: “Va bene. Ma lasci perdere la poesia e le descrizioni di tutto quello che non è sesso. Si concentri sul sesso.”Così – racconta la scrittrice – incominciai a scrivere ironicamente, divenendo così improbabile, bizzarra ed esagerata, che pensai che il vecchio si sarebbe accorto che stavo facendo una caricatura della sessualità. Ma non ci fu nessuna protesta. Passavo i giorni in biblioteca a studiare il Kama Sutra, ascoltavo le avventure più spinte degli amici.”Meno poesia,” diceva la voce al telefono. “Sia specifica”. Anaïs si rivolgeva agli amici per trovare spunti, ma più erano condannati ad insistere solo sulla sensualità, più creavano poesia. Racconta la Nin a questo proposito che scrivere pornografia era diventata una strada verso la santità invece che verso la dissolutezza. Gli amici Harvey Breit, Robert Duncan, George Barker, Caresse Crosby, si sedevano in cerchio, cercando di immaginare storie per questo vecchio, e detestandolo, perché impediva loro di operare una fusione tra sessualità e sentimento, sensualità ed emozione. Un giorno Anaïs scrisse al collezionista: “Caro collezionista, noi la odiamo. II sesso perde ogni potere quando diventa esplicito, meccanico, ripetuto, quando diventa un’ossessione meccanicistica. Diventa una noia. Lei ci ha insegnato più di chiunque altro quanto sia sbagliato non mescolarlo all’emozione, all’appetito, al desiderio, alla lussuria, al caso, ai capricci, ai legami personali, a relazioni più profonde che ne cambiano il colore, il sapore, i ritmi, l’intensità.”Lei non sa cosa si perde con il suo esame al microscopio dell’attività sessuale, con l’esclusione degli aspetti che sono il carburante che la infiamma. Componenti intellettuali, fantasiose, romantiche, emotive. Questo è quel che conferisce al sesso la sua struttura sorprendente, le sue trasformazioni sottili, i suoi elementi afrodisiaci. Lei sta rimpicciolendo il mondo delle sue sensazioni. Lo sta facendo appassire, morir di fame, ne sta prosciugando il sangue.”Se lei nutrisse la sua vita sessuale con tutte le emozioni e le avventure che l’amore inietta nella sessualità, sarebbe l’uomo più potente del mondo. La fonte del potere sessuale è la curiosità, la passione. Lei sta lì a guardare questa fiammella morire d’asfissia. Il sesso non prospera nella monotonia. Senza sentimento, invenzioni, stati d’animo, non ci sono sorprese a letto. Il sesso deve essere innaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le spezie della paura, di viaggi all’estero, di facce nuove, di romanzi, di racconti, di sogni, di fantasia, di musica, di danza, di oppio, di vino.”Quanto perde con questo periscopio sulla punta del pisello, quando invece potrebbe godersi un harem di meraviglie tutte diverse e mai ripetute! Non due peli uguali. Ma lei non ci permetterà di sprecar parole sui peli; neanche due odori, ma se ci dilunghiamo su questo argomento, lei si mette a gridare: Lasciate perdere la poesia. Neanche due pelli con lo stesso incarnato, e mai la stessa luce, la stessa temperatura, le stesse ombre, mai gli stessi gesti; perché un amante, quando è infiammato d’amore vero, può esprimere i toni più sottili di secoli di arte amatoria. Quante sfumature, quanti cambiamenti d’età, variazioni di maturità e innocenza, perversità e arte…” “Siamo rimasti seduti per ore a chiederci che aspetto lei abbia. Se ha reso i sensi indifferenti alla seta, alla luce, al colore, all’odore, al carattere, al temperamento, a questo punto dev’essere completamente avvizzito. Ci sono tanti sensi minori, che si buttano come tanti affluenti nel fiume del sesso, arricchendolo. Solo il battito unito del sesso e del cuore può creare l’estasi.” In questo periodo la Nin viveva fra New York e Los Angeles, un po’ con il marito, un po’ con Rupert, un nuovo amico, molto più giovane di lei. Intanto la scrittrice continuava a scrivere pagine sui diari e nel quarto, che va dal 1944 al 1947 parla di personaggi come Dalì, Gore Vidal, Martha Graham e Andé Breton, ma anche dell’ottusità, del grigiore delle persone che incontrava, che non sapevano cosa fosse la gioia, la serenità, la musica, che erano fatte d’acciaio e cemento o ridotte a cavallo da soma.

    Tra il 1947 ed il 1955 la Nin visse tra New York ed il Messico e sperimentò anche l’LSD, che però non la entusiasmò; questo è il periodo descritto nel quinto diario. L’ultimo diario, il sesto, dura fino al 1966, quando avvenne la prima pubblicazione di questa dettagliatissima storia di vita e fu un grande successo editoriale per la Nin (che aveva allora 63 anni!) Per rispettare la privacy delle tante persone citate però, ciò che fu pubblicato era solo una minima parte dell’opera completa dei diari, che consta in realtà di 150 volumi, 35.000 pagine, custoditi attualmente allo Special Collections Department della UCLA (e curate dall’Anais Nin Trust). I diari sono ricchi di dialoghi, osservazioni, interventi critici e commenti, sulle persone, la politica, la letteratura, i viaggi, oltre che sulle sue vicende personali. Il mondo attraverso gli scritti di Anaïs è un mondo ricco di fascino e di meraviglia: anche le piccole cose, le persone più insignificanti vengono descritte con amore e profondità, ma soprattutto con curiosità. Una vita intensa e profondamente vissuta, quella della Nin, che a questo proposito diceva: “La vita ordinaria non mi interessa. Cerco solo i grandi momenti… Voglio essere una scrittrice che ricorda agli altri che questi momenti esistono” Nel 1973 la Nin ricevette una laurea ad honorem dal Philadelphia College of Art; nel 1974 fu eletta al National Institute of Arts and Letters. Il 14 gennaio 1977, Anaïs Nin moriva di cancro a Los Angeles, assistita da Rupert Pole. Postumo uscì la raccolta di racconti erotici Il Delta di Venere.

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