Posts written by Albrecht

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    Gustave Courbet - L'onda

    1869/1870 circa - olio su tela - 63x91,5 cm - Francoforte, Städelsches Kunstinstitut


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    8. Anne Lambert in Picnic ad Hanging Rock (Picnic at Hanging Rock)

    La sua principale attività nel mondo del cinema è quella di interprete e tra i lavori più interessanti possiamo citare la partecipazione nel film Picnic ad Hanging Rock (1975) di Peter Weir dove ha interpretato la parte di Miranda.
    Nel 1982 ha inoltre lavorato con Peter Greenaway per la realizzazione del film I misteri del giardino di Compton House.

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    9. Marilyn Monroe in Gli spostati (The misfits)

    Era la più bella di tutte e ancora oggi, nel terzo millennio, ora che i canoni estetici si sono trasformati così radicalmente rispetto alle curve tonde e morbide tanto apprezzate negli anni Cinquanta, lei è ancora la più bella, l'icona della femminilità e della sensualità, il simbolo della seduzione.
    'Candela nel vento' secondo una celebre canzone di Elton John, poi riadattata per un'altra icona splendente e sfortunata del nostro secolo, lady Diana, 'bianca ombra d'oro' nei versi di Pasolini, per tutti semplicemente Marilyn. La sua vita è celebre quanto e più dei suoi film, quasi una favola tragica, la sceneggiatura perfetta per un melodramma strappalacrime. Ma la sua è una storia vera.
    La protagonista si chiama Norma Jeane Mortenson, è nata il 1 giugno 1926 al General Hospital di Los Angeles, poi battezzata con il nome di Norma Jeane Baker. Baker come Jasper Baker e Mortenson come Edward Mortenson, rispettivamente il primo e il secondo marito di sua madre Gladys Monroe. Nessuno dei due è il suo vero padre, quello vero lei non lo conoscerà mai.
    Mamma Gladys invece soffre di gravi disturbi mentali, che la costringono a entrare e uscire troppo spesso dagli ospedali psichiatrici, e dunque per Norma Jeane non c'è prospettiva migliore rispetto all'orfanotrofio o all'affidamento.
    Sembra la trama di un romanzo di Dickens e invece è l'infanzia di un mito. Nel 1941, a quindici anni, il mito che non sa ancora di essere tale si trasferisce presso la famiglia Goddard e lì si innamora del vicino di casa, Jim Dougherty. Si sposano l'anno successivo, la sera del 19 giugno 1942, lei ha sedici anni, lui soltanto ventuno, ma Norma Jeane lo chiama daddy, papà, forse perché cerca in lui la famiglia, la protezione, l'affetto di cui ha tanto bisogno.
    Ed è felice, o almeno crede di esserlo, per lei la favola è tutta lì, in quel matrimonio, happy end di un'infanzia sfortunata. Ma c'è la guerra e, nonostante la disapprovazione di Norma Jeane, Jim si arruola in Marina e finisce in una base sperduta del Pacifico. Lei allora si fa assumere come operaia alla Radio Plane Munitions Factory. E proprio in fabbrica viene scoperta da David Conover, fotografo dell'esercito che sta realizzando un servizio di propaganda militare.
    Conover è immediatamente affascinato dalla sensualità naturale di Norma Jeane e la mette in contatto con l'agenzia di modelle Blue Book Modeling. Lei si licenzia immediatamente dalla fabbrica, lascia la casa della madre di Jim e comincia a posare per le riviste di moda e a lavorare per la pubblicità, mentre il suo matrimonio inizia a vacillare sotto il peso dei suoi primi successi.
    E' inquieta Norma Jeane e chissà, magari vorrebbe anche salvare il suo matrimonio, ma la voglia di successo è troppo grande, troppo grande il bisogno d'amore. Perché lei vuole essere una stella, la più brillante di tutte, per essere amata, per essere accettata.
    Nel maggio del 1946 dunque Norma Jeane chiede il divorzio, nell'agosto dello stesso anno firma il suo primo contratto con una casa cinematografica, la Fox, e diventa Marilyn Monroe. I capelli cominciano a schiarirsi e la bellezza ingenua e quasi infantile di Norma Jeane lascia il posto a quella raffinata e sensuale di Marylin, tra corsi di portamento, recitazione e canto. Nonostante i primi ruoli da comparsa e le grandi speranze, questi sono anni particolarmente difficili per la Monroe e il famoso calendario in cui posa nuda sul velluto rosso è proprio di questo periodo. Il compenso è di soli 50 dollari, soldi necessari per mangiare, come spesso dichiarerà in seguito, dopo lo scandalo che quelle foto provocheranno.
    Nel 1949 Marilyn inizia finalmente a muovere davvero i primi passi nel mondo del cinema, prima con una piccola apparizione in Una notte sui tetti con i fratelli Marx, poi con la partecipazione a Orchidea bionda di Phil Karlson. Nel 1950 viene notata dal pubblico e dalla critica per la parte della pupa del gangster in Giungla d'asfalto e poi per il ruolo dell'attricetta svampita in Eva contro Eva. Subito dopo si susseguono per Marilyn parecchi titoli, tra cui Mia moglie si sposa e L'affascinante bugiardo (1951), La giostra umana e Il magnifico scherzo (1952), fino a Matrimoni a sorpresa, sempre del 1952, con il New York Herald Tribune che scrive di lei, 'sembra scolpita dalla mano di Michelangelo'.
    Nel 1953 il fenomeno Marilyn esplode con Niagara e poi con Gli uomini preferiscono le bionde e Come sposare un milionario. Alla prima di quest'ultimo film la folla è tanto numerosa che quattro poliziotti devono sollevarla sopra la gente per farla entrare nel teatro.
    Intanto Marilyn ha incontrato Joe Di Maggio, uno dei più grandi giocatori di baseball di tutti i tempi. I due si sposano il 14 gennaio 1954, ma il matrimonio dura poco più di nove mesi. Joe è insofferente, non sopporta la folla e il continuo chiasso che c'è sempre intorno a sua moglie e dichiarerà più tardi: "Non è divertente essere sposato con una luce elettrica", alludendo proprio alla troppa attenzione che questa stella del cinema attira su di sé. L'ultimo litigio furioso, quello che avvia le pratiche del divorzio, è causato dalla mitica scena della metropolitana di Quando la moglie è in vacanza (1955), ma nonostante le liti e la separazione, Joe e Marilyn continueranno sempre a tenersi in contatto e lui le regalerà per anni le adorate rose rosse, anche dopo la morte di lei, senza mai lasciare la sua tomba spoglia di fiori nel giorno del loro anniversario.
    Ma in questi anni la tragedia futura è ancora lontana, Marilyn è nel pieno della sua carriera, un mito vivente, tanto che proprio in Quando la moglie è in vacanza viene addirittura citata nelle battute del film: "Posso spiegare anche la bionda nella doccia!" "Quale bionda nella doccia?" "Vorresti saperlo eh? Magari è Marilyn Monroe!".
    Mai soddisfatta di sé, nel 1956 Marilyn inizia a studiare recitazione all'Actor's Studio di New York, nel giugno sposa il drammaturgo Arthur Miller e poi fonda la Marilyn Monroe Productions, che produce Fermata d'autobus (1956) e Il principe e la ballerina (1959). Nel 1959 Marylin è Sugar Kandinsky in A qualcuno piace caldo di Billy Wilder. Il film è una delle commedie più riuscite di tutti i tempi, ma la Monroe sul set manca completamente di concentrazione. Per farle dire la battuta 'Dov'è il bourbon?', Wilder dove ripetere la scena addirittura 59 volte, perché lei non si ricorda la frase che deve recitare, nonostante sia scritta praticamente ovunque sul set. Il regista è esausto, ma sa bene che vale la pena lavorare con lei: "Ho una zia che è sempre precisa e puntuale', dirà al termine delle riprese, 'ma nessuno pagherebbe il prezzo del biglietto per vederla".
    Nel 1960 Marilyn è sul set di Facciamo l'amore, l'anno successivo recita in Gli spostati, appositamente scritto per lei dal marito Arthur Miller. La sua fragilità, le sue insicurezze, sono ormai evidenti per tutti e si manifestanonei continui ritardi, nelle crisi, negli abusi di farmaci e di alcool.
    Anche il terzo matrimonio della Monroe entra in crisi e proprio sul set de Gli spostati la situazione peggiora fino al divorzio del gennaio 1961.
    Marilyn, la diva più amata e più desiderata, resta sola ancora una volta, proprio lei che più di tutti teme il vuoto, la solitudine, il tempo che passa. E che ha sempre cercato di far sparire le sue paure e le sue angosce attraverso l'amore o il sesso.
    Tra un matrimonio e l'altro, o anche quando è sposata, Marilyn è infatti sempre circondata di uomini, come se non riuscisse mai a dire di no. I fotografi all'inizio della carriera, e poi Marlon Brando e Frank Sinatra, il giornalista Robert Slatzer, la passione scandalosa per Yves Montand, e infine i fratelli Kennedy, John prima e Robert dopo, con i quali intrecciò storie complicate e conflittuali. E forse ogni volta pensava di aver finalmente trovato quell'equilibrio che le mancava, ma intanto restava sempre da sola.
    Nel 1962, sul set di Something's got to give, Marilyn è più insicura e fragile che mai, intrattabile, finché la Fox decide di licenziarla per assenteismo. Qualche mese più tardi, anche grazie alla solidarietà dei suoi colleghi, viene riassunta, ma su quel set non tornerà più. Poco prima di ricominciare le riprese, nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1962, Marilyn muore nella sua casa.
    Ha soltanto 36 anni. Suicidio, omicidio, per anni le ipotesi si rincorrono, le testimonianze si intrecciano e i probabili mandanti di un eventuale assassinio vengono rintracciati prima nei fratelli Kennedy, e poi anche tra i capi mafia e addirittura tra le fila del Kgb.
    Ma la verità è una lapide al Westwood Memorial Park a Los Angeles, Corridor of Memories, numero 4, e poche parole amare: 'Hollywod è quel posto dove ti pagano 1.000 dollari per un bacio e 50 centesimi per la tua anima', diceva Marilyn. 'Io lo so perché ho spesso rifiutato la prima offerta, ma ho sempre accettato i 50 centesimi'.

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    Marilyn Monroe con Clark Gable

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    Tiziano Vecellio o Giorgione - Concerto campestre

    1510 circa - olio su tela - 118x138 cm - Parigi, Louvre


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    Quest’opera è stata per lungo tempo attribuita a Giorgione. Oggi la critica tende ad attribuire l’opera a Tiziano, per quanto alcuni non escludono una doppia paternità, nel senso che il quadro potrebbe essere di invenzione di Giorgione ma eseguito, dopo la sua morte, da Tiziano.
    Il quadro è una metafora della musica. Le due donne nude sono in realtà delle allegorie: in questo caso due ninfe, che personificano lo spirito della natura. I due uomini, invece, sono vestiti, segno che appartengono alla realtà e alla cultura del proprio tempo. Il fatto che i due uomini non guardano le due ninfe significa, chiaramente, che non possono vederle. Una delle due ninfe ha in mano un flauto, a significare che la musica, intesa come capacità di creare armonie e melodie, appartiene alla natura. L’altra ninfa sta versando dell’acqua da una brocca in una vaschetta di marmo. Il suo gesto ha un significato preciso: rappresenta un rito di purificazione.
    La presenza delle ninfe, in questa scena dove si vedono due uomini che stanno cercando di suonare uno strumento musicale, ha il seguente significato metaforico: la musica è un dono che ci fa la natura, a patto di essere puri, cioè di avere un animo sensibile.
    Nella mentalità dell’epoca, la musica era considerata la più trascendentale delle arti, per la sua capacità di suscitare emozioni, anche molto intense, solo con dei suoni che non hanno né materia né consistenza. Ma non tutti hanno l’abilità di cantare o di suonare: evidentemente è la natura che decide chi può fare o non fare musica.
    Non era infrequente che, nella pittura del Cinquecento, fossero realizzate opere il cui significato è metaforico. Ricordiamo brevemente la differenza che c’è tra allegoria e metafora, due procedimenti retorici molto utilizzate nell'arte figurativa. L’allegoria, nelle arti figurative, è dare immagine a cose che non ne hanno. Se si deve rappresentare la giustizia, che è un concetto non una cosa, si ricorre ad un’immagine femminile con in mano una bilancia e una spada. È ovvio che la giustizia non è quella donna, ma ella ne è appunto l’allegoria. In genere, uno degli attributi che fa capire se una donna è reale o un’allegoria è il modo come è vestita: se è paludata, cioè vestita come gli antichi romani, o è nuda, è sicuramente un’allegoria. Nel caso del Concerto campestre, il fatto che le due donne sono nude, ci fa capire inequivocabilmente che sono delle allegorie: in questo caso danno immagine allo spirito della natura.
    Una metafora è invece il significato nascosto in un’immagine, diverso da quello apparente. Nel caso del Concerto Campestre, quello che vediamo sono due uomini e due donne nude che stanno suonando. Ma il vero significato non è quello che vediamo, ma quello che l’immagine ci suggerisce di capire: che per ricevere la musica in dono dalla natura bisogna avere un animo sensibile.
    Non è infrequente che i due termini “metafora” e “allegoria” vengano usati indifferentemente, e in molti casi può anche essere giustificabile, in quanto in entrambi i casi si tratta di significati nascosti.
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    10. Daryl Hannah in Blade Runner

    Daryl Hannah è un'attrice mastodontica e non lo diciamo tanto per dire. In uno dei suoi innumerevoli film la si vede ingigantire sempre di più e camminare per uno stato americano a piedi scalzi, ma perfettamente truccata. È una donna che se volesse ti mangerebbe! Beniamina della comunità gay, dopo un exploit nel cinema fantastico, è tornata popolare grazie al regista preferito dagli iperviolenti e iperciarlieri Tarantino, che ha disegnato apposta per lei il ruolo di una super cattiva come non se n'erano mai viste prima. A lei non spettano tanto le lunghe tiritere filosofiche su bene e male che sono andate invece agli altri personaggi di Kill Bill, ma il suo compito è invece quello di rappresentare il degrado del troppo potere che logora. Quasi la nemesi femminile dell'eroina del film.
    Sorella degli attori Page e Don Hannah, la vita di Daryl Hannah è singolare fin da quando comincia a muovere i primi passi. Dall'infanzia all'adolescenza soffre di insonnia e agorafobia, malattie che vengono curate una volta per tutte solo quando comincia il mestiere d'attrice. Dopo aver frequentato la Francis W. Parker School, nella sua città, si iscrive alla School of Theatre della University of Southern.
    Fidanzata con il cantante Jackson Browne, è la debuttante eccellente del film di Brian De Palma Fury (1978) con Kirk Douglas, John Cassavetes, James Belushi e Amy Irving. Poi viene scelta per il ruolo dell'androide nel capolavoro della fantascienza Blade Runner (1982) di Ridley Scott con Harrison Ford. A questo punto, diventa una delle star di commedie ad alto tasso di fantasia che ha il suo punto più alto in Splash - Una sirena a Manhattan (1984) con Tom Hanks.
    Ma la carriera di attrice non preclude anche qualche altro sviluppo artistico, infatti nel 1985 duetta con Clarence Clemons e il suo fidanzato, Browne in "You're a Friend of Mine". Nel 1986, è accanto a Robert Redford in Pericolosamente insieme (1986), poi sforna quella che, a parere della critica, è la peggiore interpretazione della sua carriera nel film di Oliver Stone Wall Street (1987) con Michael Douglas. Protagonista femminile di Roxanne (1987) con Steve Martin, una sorta di remake americano e moderno del "Cyrano", diventa il fantasma di una giovane sposa vittima di un omicidio passionale, ma pronta ad amare ancora in High Spirits - Fantasmi da legare (1988) con Peter O'Toole.
    Woody Allen la inserisce nel cast di Crimini e misfatti (1989), mentre si imbruttisce apposta per recitare con Julia Roberts nel film drammatico a tinte rosa Fiori d'acciaio (1989). Grandissima amica di John Corbett, lascia Browne per iniziare una lunga e dolorosa relazione con John Kennedy Jr., che però non terminerà mai con un matrimonio dato che la madre di lui, Jacqueline Kennedy, disapprovava e rifiutava persino l'idea che il figlio sposasse l'attrice. E per non macchiare il suo mestiere di ruoli denigratori, Daryl Hannah arriva perfino a rifiutare il ruolo di protagonista in Pretty Woman (1990).
    Dopo Le avventure di un uomo invisibile (1992) di John Carpenter e la fine della sua storia d'amore con John Kennedy Jr., la carriera della Hannah subisce un ruvido declino, seppur affianchi attori del calibro di Jack Lemmon e Walter Matthau in Due irresistibili brontoloni (1993) e di Sophia Loren in That's Amore - Due improbabili seduttori (1995). Durante questo periodo prova anche a stare dietro la macchina da presa dirigendo Madeline Zima nel cortometraggio The Last Supper (1993). Poi viene declassata a ruoli minori e senza troppo spessore come Two Much - Uno di troppo (1996) con Antonio Banderas, Uomini spietati (1997) con Dennis Hopper e Conflitto d'interessi (1998), giallo di Robert Altman con Robert Duvall e Kenneth Branagh.
    Clamoroso insuccesso è la produzione londinese del 2000 "Quando la moglie è in vacanza" che porta sulle scene con il ruolo che fu di Marilyn Monroe. La carriera di Daryl Hannah, in quel periodo fidanzata con Val Kilmer, sembra quasi minata da un possibile oblio. Per scongiurare il terribile momento, si accontenta persino di piccole apparizioni televisive come quelle nel telefilm Frasier (2002) o pellicole senza particolare esito positivo come Northfork (2003) con Nick Nolte. Poi arriva Quentin Tarantino e fa il miracolo, donandole con molta umiltà uno dei personaggi più belli della pellicola Kill Bill - Volume 1 e 2 (2003-2004), nonché della sua intera carriera: quello della killer con la benda sull'occhio Elle Driver! Strepitosa nelle scene di combattimento con katana in mano contro Uma Thurman (che non passeranno di certo inosservate al popolo dei teenagers che premieranno le due per il miglior combattimento e rivaluteranno l'attrice), assolutamente impareggiabile nei duetti telefonici con David Carradine e in quelli con Michael Madsen, Daryl Hannah divide il set con Vivica A. Fox, Lucy Liu, Samuel L. Jackson e Sonny Chiba, ma emerge letteralmente dal mucchio. Pur di promuovere il film accetta di posare nuda per la copertina di novembre 2003 di PLAYBOY.
    A riconfermare la rinascita arriva la pellicola Silver City (2004) con Kris Kristofferson e Robbie Williams, che la sceglie come protagonista del suo videoclip Feel; fra l'altro i due hanno anche una brevissima relazione che termina però quando la Hannah si innamora di Sean MacPherson.

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    Daryl Hannah con Rutger Hauer

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    Il tramonto dell’Arcadia bristoliana ha lasciato, nella sua lunga onda, una serie di interrogativi aperti. La sacra trinità del trip-hop ha intrapreso strade distinte e non più compatibili. Così, se da una parte i Portishead si reinventano felicemente come formazione post-industriale e i Massive Attack tengono testa più che dignitosamente alle nuove leve del beat, dall’altra rimane l’eterno enigma Tricky, reo di una serie di progetti-sufficienza, rivelatori dell’incapacità del nostro di trovare una propria direzione veramente convincente nel post-post-trip-hop, con il risultato di ritrovarci, nel 2013, senza che il black-dandy abbia prodotto un solo disco veramente degno del suo nome negli ultimi quindici anni.
    Quale può essere quindi l’antidoto al disorientamento generale e all’eventualità di un nuovo fallimento nel maneggiare il “nuovo”? Per Tricky la risposta, come già altre volte nella sua biografia, soffia in qualche vento del proprio passato remoto. Questa volta, però, non ci sono fantasmi da esorcizzare, nessun ricordo da rievocare con la tavoletta ouija. Piuttosto un comodo ripiegamento in quella formula dove si è sicuri di non fallire: il trip-hop.

    Accantonati i tentativi black-fusion delle opere ultime che avevano generato alcuni risultati pregevoli (“Knowle West Boy”), Tricky riprende tutti i cliché più tipici di quel genere di cui può ancora considerarsi il capo incontrastato: sample (tra cui un decisamente poco creativo riciclo di Chet Baker), battiti rallentati, bassi in primo piano, voci in ipnosi. Il tutto distribuito in uno scenario sonoro mai così morbido e pulito.
    I quindici, brevi, pezzi si susseguono senza sbavature, in punta di piedi, ricreando un mood notturno e insolitamente raffinato, su cui Tricky sospira con un filo di voce, auto-compiaciuto della sua autorevolezza nel predisporre bedroom music per una qualche notte di passione.

    Ancora una volta, quindi, il femminile, importantissimo nella vita di Tricky, dall’ambiente familiare, ai suoi travestimenti, alle innumerevoli liaison, a dominare nella sua musica. È Francesca Belmonte a provvedere alla maggior parte dei contributi vocali delle tracce, ottima interprete felina e melanconica, che impreziosisce i momenti più godibili dell’album (“Bonnie & Clyde”, “Nothing’s Changed”, “Does It”). “Is That Your Life” e “Chinese Interlude” sono i pochi ulteriori momenti in cui l’ascolto si vivacizza per un attimo, più per le coordinate leggermente spostate (funky e folktronica) che per il contenuto effettivo, e “False Idols” è già pronto per essere archiviato.

    Salutato da più parti come un “ritorno alla forma primigenia”, “False Idols” appare nei fatti più una versione scura e lucidata di “Vulnerable” e, come tale, dimenticabile senza troppi scrupoli di coscienza. Eppure proprio non si riesce a voler male a quest’angelo dalla faccia sporca, la classe è ancora lì, il fascino pure. Non ci resta che l’ingenua fede che “False Idols” sia solo un’altra pausa interlocutoria dettata da un insaziabile ego.

    Tracklist

    Somebody's Sins
    Nothing Matters
    Valentine
    Bonnie & Clyde
    Parenthesis
    Nothing's Changed
    If Only I Knew
    Is That Your Life
    Tribal Drums
    We Don't Die
    Chinese Interlude
    Does It
    I'm Ready
    Hey Love
    Passion Of The Christ



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    Tiziano Vecellio - Concerto

    1507-1508 circa - olio su tela - 86,5x123,5 cm - Firenze, Galleria Palatina


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    Il Concerto fu dapprima attribuito a Giorgione poi a Tiziano e infine riconosciuto come un'opera sulla quale entrambi hanno lavorato. Le due figure laterali, infatti, meditative e assorte, esprimono appieno l'indole pittorica di Giorgione, mentre la figura al centro con il gesto subitaneo di girare il capo ha una vitalità tutta tizianesca.
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    Gustave Courbet - La falesia di Etretat dopo il temporale

    1870 - olio su tela - 133x162 cm - Parigi, Musée d'Orsay


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    Sin dall'inizio del XIX secolo, Etretat attira i pittori, affascinati dalla purezza dell'aria e dalla qualità della luce. Nel corso dell'estate del 1869, anche Courbet si installa in questa cittadina normanna. Egli va a vivere in una casa situata in riva al mare, appoggiata direttamente sulla falesia d'Aval, la stessa che l'artista sceglie come soggetto in molte tele nessuna delle quali, tuttavia, non è altrettanto riuscita come La falesia d'Etretat dopo il temporale.
    In questo paesaggio puro, dove non c'è traccia di presenza umana o di avvenimenti di ogni sorta, Courbet bilancia in modo magistrale la sua composizione tra la terra, la roccia , il cielo ed il mare. In pratica, l'artista riesce a rendere palpabile ogni singolo elemento naturale. La trasparenza dell'atmosfera, la luce limpida dopo la pioggia sono ritrascritte in maniera esemplare. Il critico d'arte Castagnary, amico di Courbet e difensore del realismo, parla “dell'aria libera e gioiosa che circola nella tela e avvolge i dettagli". Comprendiamo allora l'ammirazione dei futuri impressionisti per la luce e la purezza di Courbet.
    Al Salon del 1870, Courbet invia La falesia d'Etretat dopo il temporale assieme ad un'altra opera intitolata Il mare in tempesta. Le due tele, dipinte nello stesso periodo, sono corrispondenti poiché descrivono le fasi successive di uno stesso fenomeno. I commenti elogiativi formulati in quest'occasione consolidano ulteriormente la fama di Courbet facendolo diventare uno dei personaggi di maggiore prestigio della vita artistica della sua epoca.
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    Gustave Courbet - Ritratto di Chenavard

    1869 - olio su tela - 54x46 cm - Lione, Musée des Beaux-Arts


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    Nel quadro si riconosce lo sguardo ansioso di Paul Chenavard che incarnava per il XIX secolo l'emblema stesso del pittore intellettuale e la cui compagnia era apprezzata da poeti, scrittori, artisti e musicisti come Rossini o Berlioz, o ancora dal sovrintendente alle Belle Arti Nieuwerkerke, senza trascurare lo stesso imperatore. Secondo Marie-Claud Chaudonneret, il ritratto realizzato da Courbet è molto somigliante: "I pittori amici danno tutti a Chenavard un'espressione stanca e triste, scoraggiata e disillusa, forse su istigazione dello stesso artista, mai ripresosi completamente dal fallimento del suo progetto per il Panthéon. Su una piccola foto ricordo ha l'aria di un pensatore malinconico, il braccio appoggiato su un libro, atteggiamento che verosimilmente doveva avere scelto. Più o meno consciamente, per una specie di ironia morbosa, contribuì così a diffondere e a imporre un'immagine di sé come 'pittore filosofo'". È dunque quest'aspetto del compagno, incontrato una ventina d'anni prima alla brasserie Andler, che Courbet volle riprendere a sua volta. Secondo le testimonianze, Chenavard non sembrava scontento del ritratto, benché fosse meno "ruffiano" di quello di Meissonier e pur non condividendo le opinioni del collega in pittura.
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    Gustave Courbet - Nudo con cane

    1868 - olio su tela - 65x81 cm - Parigi, Musée d'Orsay


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    Questa tela, benché porti la data del 1868, anno in cui fu esposta per la prima volta al pubblico, è stata senza dubbio dipinta verso il 1861-1862. La modella sarebbe, infatti, Léontine Renaude che, in quegli anni, era l'amante del pittore.
    Il registro erotico è evocato dal legame diretto che unisce la donna e il suo cane. L'affetto manifestato nei confronti dell'animale, infatti, è una metafora dell'amore sensuale per il suo amante, al contempo spettatore e complice della scena.
    Courbet si dimostra, in questo specifico caso, sensibile a vari influssi. La postura assunta dalla modella, il panneggio e il paesaggio dello sfondo, così come la presenza di un cagnolino, simbolo di fedeltà, rimandano al Tiziano. La giovane donna, tuttavia, con i suoi lineamenti comuni, non possiede la bellezza classica di una Danae. Ciononostante, la rotondità quasi perfetta del corpo, come il suo aspetto delicato, attenuano l'assioma realista.
    Il piacere al quale si abbandona la giovane donna, ignara dello spettatore, evoca altresì le tele galanti del XVIII secolo riscoperte dalla società del Secondo Impero.
    Tali fonti sono la conferma dell'atteggiamento adottato dall'artista desideroso di rinnovare il modo di raffigurare i nudi. La tela, infatti, segna una notevole evoluzione dei nudi femminili di Courbet verso un approccio più galante. La figura di questa giovane donna, paragonata alle Bagnanti, appare più fine, la pennellata più leggera, la grana della pelle più liscia. Courbet, indubbiamente, non poteva raffigurare questa Donna nuda con cane con lo stesso rigore con il quale aveva trattato le sue Bagnanti senza rischiare di cadere in una sorta di oscena indecenza.
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    Gustave Courbet - Donna con l'onda

    1868 - olio su tela - 65x54 cm - New York, The Metropolitan Museum of Art


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    Gustave Courbet - L'Hallali del cervo o Episodio di caccia alla corsa su campo innevato

    1867 - olio su tela - 355x505 cm - Besançon, Musée des Beaux-Arts


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    Il quadro fu realizzato durante l'inverno 1866-1867 ed è l'ultimo grande formato di Courbet. L'opera fu esposta al salon del 1869 e fece scandalo in quanto i grandi formati erano riservati alle Grandi Pitture Storiche piuttosto che a una semplice scena di caccia.
    La scena mostra un cervo che si accascia sul terreno innevato aggredito da un branco di cani da caccia.
    Courbet utilizza una crudezza realistica che si avvicina alle rappresentazioni fiamminghe.
    Il dipinto fu influenzato dal Massacro di Scio di Delacroix (1824).
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    Presso la Pinacoteca Provinciale di Bari, in occasione della presentazione al pubblico del restauro del dipinto raffigurante la Madonna con Bambino tra sant’Enrico d’Uppsala e sant’Antonio da Padova, opera di uno dei più celebri e raffinati artisti del Rinascimento veneto, Paris Bordon, sarà inaugurata la mostra Paris Bordon in Puglia Un restauro e due scoperte
    in cui, oltre il dipinto appena restaurato, sarà possibile ammirare una coppia di splendidi quadri di soggetto profano dello stesso Bordon, uno dei quali firmato, in origine conservati in un’antica collezione aristocratica pugliese ed esposti per la prima volta al pubblico.
    La mostra è accompagnata da un volume a più voci, a cura di Clara Gelao, edito da Marsilio, Venezia, che prende in esame le tre opere, ricostruisce le circostanze del loro arrivo in Puglia e fornisce un interessante, approfondito resoconto del restauro.
    La manifestazione sarà preceduta da una conversazione tenuta da uno dei più noti studiosi della pittura veneziana del Rinascimento, Mauro Lucco, sul tema Paris Bordon. Problematiche cronologiche Inaugurazione: Sabato 11 maggio 2013, alle ore 17.30

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    Data Inizio:11 maggio 2013
    Data Fine: 30 giugno 2013
    Costo del biglietto: 2,58 ; Riduzioni: Minori di 18 anni e ultrasessantenni: gratuito Studenti in visita guidata e Soci Touring : € 0,52
    Prenotazione: Telefono prenotazioni: 080 5412422 per visiteguidate
    Luogo: Bari, Pinacoteca Provinciale “Corrado Giaquinto”
    Orario: dal martedì al sabato: 9.00 -19.00; domenica: 9-13; lunedì e festività infrasettimanali chiuso
    Telefono: 080 5412427
    Fax: 080 5583401
    E-mail: [email protected]

    Pinacoteca Provinciale “Corrado Giaquinto”
    Città: Bari
    Indirizzo: Via Spalato, 19
    Provincia: BA
    Regione: Puglia

    beniculturali
  14. .

    Gustave Courbet - La mendicante

    1866 - olio su tela - 86x126 cm - collezione privata


  15. .

    Gustave Courbet - Ritratto di Jo, donna d'Irlanda

    1866 - olio su tela - 54x65 cm - Stoccolma, Nationalmuseum


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    Joanna Hiffernan, compagna di James Whistler, pittore americano, era in quel periodo la modella preferita di Courbet.
    Il personaggio si guarda allo specchio, districando i capelli con la mano destra.
    La composizione, organizzata lungo una delle diagonali, è molto realistica: gli occhi chiari, l’incarnato morbido e chiaro, i lunghi boccoli ricadenti sulle spalle. La resa dei particolari, quali la candida camicetta o il piano marmoreo, rimanda all’immediatezza di Delacroix.
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