Giovanni Segantini - Vita e Opere

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    GIOVANNI SEGANTINI



    Giovanni Segantini (Arco-Tn, 1858 - Schafberg, Majola-Grigioni, 1899) è stato un pittore italiano. Dopo un'infanzia e un'adolescenza tristi che egli mitizzò nell'Autobiografia scritta intorno al 1896 per la scrittrice Neera (ma di cui l'unico fatto documentato sono i tre anni trascorsi in riformatorio a Milano), frequentò l'Accademia di Brera tra il 1875 e il 1879, durante il quale fu premiato per il Coro di Sant'Antonio (1878), basato su un effetto di luce interno. Nel 1880 conobbe Vittore Grubicy de Dragon, col quale stipulò un contratto, in cui si impegnava a cedergli tutta la sua produzione pittorica.
    Nel 1881 si ritirò a Pusiano in Brianza con la moglie; le opere dipinte in questi anni risentono della formazione lombarda del pittore: Carcano, Conconi, Mosé, Bianchi, la pittura degli scapigliati, soprattutto di Cremona. Soggetti preferiti sono pastorellerie, idilli, paesaggi, qualche ritratto. Del 1886 è la prima opera dipinta, su suggerimento di Grubicy, con tecnica divisionista: l'Ave Maria a trasbordo (San Gallo, collezione Fischbacher). Nelle tele successive Segantini giunse alla efinitiva strutturazione forale e cromatico-luministica del quadro: in dipinti come Alla stanga (Roma, Galleria d'arte moderna) o Ritorno all'ovile (San Gallo, Collezione Fischbacher), seppe unire alla vibrazione della materia-luce che investe l'intera superficie una rigorisissima struttura spaziale; si interessò d'altra anche alla resa di effetti luministici ed atmosferici, come nel celebre quadro delle Due Madri (Milano, Galleria d'arte moderna).
    Dal 1891 in poi prevale un'intonazione allegorica e simbolistica, motivata dall'adesione alle istanze più moderne della cultura conteporanea, che non si traduce solo nei quadri apertamente simbolisti come l'Angelo della vita, la Dea dell'amore (entrambi nella Galleria d'arte moderna di Milano), ma anche in opere apparentemente naturaliste come la Raccolta del fieno o lo stupendo trittico allegorico La natura, la vita e la morte (Saint Moritz, Museo Segantini), rimasto incompiuto per la morte del pittore avvenuta mentre isolato in una capanna sulla montagna dello Schafberg a 3.000 metri d'altezza, stava lavorando a uno studio di neve per il trittico stesso.



    La Rousse Arte



    Edited by @Ambra@ - 2/5/2012, 15:50
     
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    Il coro di Sant'Antonio - 1878 - Milano, Gallerie di Piazza Scala
    Olio su tela, 119 x 85,5 cm

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    Eseguita nell'arco di soli quindici giorni tra il luglio e l'agosto del 1878, la tela costituisce la prima opera veramente autonoma di Segantini, all'epoca allievo ventunenne dei corsi dell'Accademia di Brera. Il dipinto viene presentato all'Esposizione braidense dello stesso anno dove suscita vero e proprio entusiasmo. Gli artisti, i critici, gli amateurs, si soffermano davanti a questo quadro, e tutti si domandano: chi è questo Segantini? Donde viene costui? Ove ha egli esposto i suoi quadri finora?" La struttura compositiva del dipinto rientra nei canoni della pittura prospettica secondo l'insegnamento impartito a Brera da Luigi Bisi, maestro dello stesso Segantini. Nella fattispecie risulta conforme alla tradizione la scelta di analizzare gli stalli lignei del coro, particolarmente adatti all'applicazione rigorosa dei precetti accademici. Tuttavia l'artista interpreta il tema in maniera assolutamente nuova, mostrando un interesse per gli effetti della luce e L'intenso colorismo e la stesura abbreviata a cui Segantini ricorre nella soluzione del primo piano della scena si contrappongono al freddo nitore complessivo, costituendo spunto per le osservazioni della critica.
    L'opera, che conserva tuttora la originaria immediatezza cromatica, ha goduto di una popolarità lunga e ininterrotta, facendo spesso la sua comparsa in occasione delle rassegne dedicate all'artista e alla cultura figurativa del suo tempo.

    Edited by Albrecht - 5/9/2012, 10:06
     
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    Giovanni Segantini Il Trittico delle Alpi

    1898-1899 - olio su tela - St. Moritz, Segantini Museum



    800px-Giovanni_Segantini_001
    La Natura - 1898-1899 - olio su tela - 235x400 cm - St. Moritz, Segantini Museum



    800px-Giovanni_Segantini_003
    La Vita - 1898-1899 - olio su tela - 190x320 cm - St. Moritz, Segantini Museum



    800px-Giovanni_Segantini_002
    La Morte - 1898-1899 - olio su tela - 190x320 - St. Moritz, Segantini Museum



    E’ la summa di una vita artistica, l’apice del simbolismo panteista del pittore ed il testamento spirituale di un uomo nato in una valle alpina, vissuto fra le cime e morto sui monti.
    Il trittico della natura nasce dagli studi sul paesaggio legati al fallito progetto di Segantini di portare all’ Esposizione internazionale di Parigi del 1900 un’enorme rappresentazione panoramica dell’Engadina con tutti i principali paesi della valle.
    Nonostante i tre anni di lavoro febbrile, l’opera rimase incompiuta per la morte del pittore nel 1899 a soli 41 anni.
    Realizzate con la tecnica divisionista, le tre enormi tele, sul tema La Vita, La Natura, La Morte, conservate presso il museo Segantini di Saint Moritz, hanno come sfondo rispettivamente lo scenario montano di Soglio, il crepuscolo dallo Schafberg ed il paesaggio invernale dal passo del Maloja.
     
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    Giovanni Segantini Ave Maria a trasbordo (II versione)

    1886 - olio su tela - 120x93 - Proprietà privata San Gallo



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    on si è mai saputo perché il Segantini nella lettera-catalogo (Maloja, 29. 5.1898) a Domenico Tumiat non abbia citato la presente opera; nel 1889 fu menzionata dal critico d'arte Primo Levi in occasione del quinquennio 1886-90 sull'"Applicazione del divisionismo per aumentare la luminosità" specificando la "rifacitura della prima del 1882 in formato maggiore"; nel 1902 il Servaes la catalogò con il numero 70 e, come appartenente a Ernst Konigs a Colonia.
    La tela fu interamente realizzata a Savognino mentre l'artista soggiornava presso la residenza di Vittore Grubicy, lo studioso che per primo considerò l'"Ave Maria a trasbordo" come la prima pittura divisionista di Segantini, avendolo egli stesso incitato nella nuova tecnica. In una lettera di Grubicy del 24/5/1910 indirizzata a Benvenuto Benvenuti si legge: "E qui cominciò lo studio e l'allenamento lungo per impossessarmi del maneggio dell'istrumento nuovo (parlando appunto del divisionismo), come avevo fatto fare a Segantini nell'86 a Savognino quando gli feci rifare a divisionismo il quadro dell'Ave Maria deperito. Ma in effetti in questa seconda "Ave Maria a trasbordo", nonostante il palpabile mutamento della tecnica nella stesura dei colori, che diventa frammentata e mossa, sono appena percepibili gli effetti dei colori complementari, necessari per poter considerare l'opera come appartenente alla pittura divisionista. Grubicy continuava nella lettera: "Ricordo che in quel tempo io avevo la visione chiara e sicura di questo procedimento in pittura: ma ero in pari tempo convinto che — nell'applicazione pratica di esso — ogni artista doveva trovarsi il proprio mezzo di estrinsecazione. In modo che, mentre stavo guardando Segantini a distendere i suoi filamenti di colori netti, costruendo con dei tratti circolari [qui la lettera porta un disegno composto di semicerchi concentrici superiori a un grosso punto] il cielo della sua Ave Maria, ricordo perfettamente che nel mio spirito dicevo: va benissimo anche così, ma sono certo che se la facessi io, la strada che io farei — per arrivare allo stesso scopo — sarebbe tutta diversa; che le mie pennellate sarebbero messe giù in tutt'altro modo, senza che io lo sapessi in quale modo, ma avendo solo la cortezza che sarebbe stato fondamentalmente diverso per la semplice ragione che in quello dell'amico vedevo già un procedimento premeditato, mentre io sentivo che mi sarei abbandonato alla casualità, pur riconoscendo che la sua era una strada più rapida e sicura per arrivare allo scopo ma non dubitando che la mia avrebbe avuto per risultante quel mistero d'esecuzione che invece in Lui [sic] era decifrabile perché appunto da lui fatto con procedimento o metodo".
    Il dipinto fu esposto nel 1956 a San Gallo con il numero 59; nel 1958 ad Arco.
     
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    Giovanni Segantini Alla stanga

    1886 - olio su tela - 169x389,5 cm - Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna



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    Curiosa è la storia del quadro: era da poco nato il figlioletto Mario e, il pittore che in quel periodo alloggiava in Brianza con la famiglia, si trasferì da solo a Caglio in Valassina dove iniziò il primo tentativo di esprimere in scala monumentale il suo amore per la pace montana. Poiché la tela era molto grande ogni giorno pagava tre uomini che gliela portavano sul luogo scelto per la scena e pagava anche Margherita Gilardi, unica modella per l’opera, il resto era la natura che si dispiegava in quel punto ai suoi occhi. Ogni giorno, per sei mesi, la tela venne messa a telaio e ancorata per terra e poi riportata alla casa dove Segantini aveva affittato una stanza. La modella posò per la figura centrale mentre le altre figure femminili che appaiono nel dipinto sono contadine che il pittore aveva osservato. Aveva anche stipulato un contratto per cui gli animali venivano tenuti nel campo e riportati indietro ogni giorno. L’ambiente raffigurato è il mercato del bestiame posto al confine tra Caglio e Sormano dove vi erano alcuni steccati presso i quali venivano legate alla stanga le vacche brune. L’opera è un esaltazione della natura e della pace da cui traspaiono nitide le emozioni dell’artista.
     
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    Giovanni Segantini Ritorno all'ovile

    1888 - olio su tela - 79,5x133 cm - Proprietà privata San Gallo


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    Questa composizione raffigura una tematica assai ricorrente del periodo brianteo, ma con un'elaborazione assai più matura che la distingue dalle opere di detto periodo, e che evidenzia il grande mutamento dell'artista già nei primi anni del suo soggiorno savogninese.
    Vi si legge una tipica formulazione microcosmica della materia-luce riportata per intero sul supporto pittorico, dove il primo piano ne occupa quasi la totale superficie innalzando al massimo la linea dell'orizzonte. Qui, come in altri dipinti contemporanei dell'artista, viene superata la casualità descrittiva mediante una meditata struttura spaziale, ove ogni elemento viene equilibratamente distribuito a tale proposito.

    Edited by @Ambra@ - 5/9/2012, 00:23
     
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    Giovanni Segantini Le due madri

    1889 - olio su tela - 162,5x301 cm - Milano, Galleria d'Arte Moderna


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    All'interno di una stalla scarsamente illuminata da una rustica lampada a olio che pende dal soffitto, Giovanni Segantini ha ritratto due madri: una mucca alla mangiatoia che ha accanto il suo vitellino addormentato sullo strame e una giovane contadina che tiene in grembo il suo bambino.
    La formazione di Segantini nell'ambito della pittura naturalistica è evidente nella scelta del soggetto popolare e quotidiano e nell'interesse per lo studio degli effetti di luce.
    La difficoltà di realizzare una luminosità bassa, ma diffusa per tutto l'ambiente in modo che nessun dettaglio fosse avvolto dall'ombra, fu superata dal pittore con l'ausilio della tecnica divisionista, cioè con l'applicazione separata dei colori sulla tela in luogo del tradizionale impasto di pigmenti sulla tavolozza.
    Il grande quadro è firmato e datato 1889 in basso a sinistra.
    Fu proprietà di Grubicy a Milano, quindi in deposito per lungo tempo al Museo Segantini di Saint-Moritz.
    Prima di giungere alla sede attuale ha fatto parte della Collezione Benzoni, sempre a Milano.
    L'opera fu esposta nel 1891 alla Triennale di Brera, dove riscosse un largo successo.
    Esiste una copia del dipinto nel Museo Segantini di Saint-Moritz, eseguita nel 1913 da Gottardo, il figlio primogenito dell'artista.
     
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    Giovanni segantini Angelo della Vita
    1894 - olio su tela - 276 x 212 cm - Milano, Galleria d'Arte Moderna


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    Segantini lo iniziò nella Primavera del 1891 o forse prima, come si rileva da una sua lettera indirizzata a Vittore Grubicy: "In lavorazione tengo anch'io una maternità, che intitolerò: Dea madre; ricorda il Fiore (oggi "Frutto dell'amore"), ma vi è una danza di puttini". Ma nella versione finale non c'è la presenza di alcun puttino. Le gamme cromatiche non sono qui indirizzate agli effetti materici e diventano di una straordinaria delicatezza, con ricercatissimi accessori come l'impiego di rialzi in oro nel carnato nelle capigliature e nei vestiti.
    Viene tradizionalmente considerata come la prima e più importante manifestazione del mutamento segantiniano dal "valido naturalismo" di prima al "simbolismo misticheggiante" dell'ultimo periodo, anche se effettivamente così non è: molte volte si è equivocato sul Segantini condannandolo e/o fraintendendolo, appunto per questo aleatorio e storicamente falso trapasso dal naturalismo al simbolismo.
     
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    Giovanni Segantini Dea d'amore
    1894-97 - olio su tela - 210 x 144 cm - Milano, Galleria d'Arte Moderna


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    Realizzata dall'artista nel 1894 come pendant ideale dell'Angelo della Vita con una figura femminile in atteggiamento provocatorio e completamente nuda, fu ripreso tre anni dopo coprendo la dea con un velo rosso. Un dipinto, questo, che, se paragonato a quelli dell'ultimo periodo segantiniano, appare poco risolto: vi si evidenzia un peso da "grandi della pittura" tramite mediazione della cultura preraffaellita.
     
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    Giovanni Segantini Raccolta del fieno

    1888-1898 - olio su tela - 137x149 cm - St.Moritz, Segantini Museum


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    La raccolta del fieno, che segantini completa un anno prima della sua morte, è frutto di un rifacimento di un dipinto del 1888 che era stato eseguito a Savognino: la travagliata genesi dell'opera illustra il passaggio da un'interpretazione legata alla tradizione realista a una pittura evocatrice di emozioni primarie, celebrativa dell'onnipotenza della natura. Nella sua prima stesura l'opera era orizzontale: a distanza di dieci anni Segantini la rese quasi verticale, aggiungendo alla tela un altro pezzo di trenta centimetri in altezza che gli conferiscono un formato inusitato all'epoca e delle proporzioni insolite che hanno un impatto maggiore sullo spettatore. Questa soluzione fu il risultato di un ripensamento, attraverso un disegno e perfino un dipinto-studio che dimostrano come Segantini sia arrivato al simbolismo della versione definitiva attraverso un cosciente processo di rielaborazione dell'immagine. Sulla tela aggiunta si dipanano le nubi tempestose e una gran nuvola di fuoco - bianca e rosa - che si stacca su uno sfondo grigiastro, premonitore di valanghe e di morte. Esiste una similitudine tra questa nuvola e quella che compare in La morte, che ne conferma il risultato simbolico . Nella composizione finale della Raccolta del fieno questo cielo minaccioso occupa più della metà della superficie dipinta. Il lavoro dei contadini che scandisce i vari tempi del raccolto è relegato sotto la linea dell'orizzonte in una striscia di terra che, a differenza di quanto accadeva nella stesura originale, è proiettata contro l'imponente massa delle montagne. La raccoglitrice di fieno in primo piano, invece, assorta nel suo compito, sembra immune dalla paura. Un senso di timore reverenziale, di grandiosità e solitudine permea il dipinto. Le forze distruttrici della Alpi incombono sul destino degli esseri che le subiscono rassegnate.
     
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    Giovanni Segantini Mezzogiorno sulle Alpi

    1891 - Olio su tela - 77,5x71,5 cm - St.Moritz, Segantini Museum


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    Giovanni Segantini Costume grigionese o Acqua alla fonte

    1887 - olio su tela - 54x79 cm - Saint-Gall, Art Museum


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    Giovanni Segantini Le cattive madri

    1894 - olio su tela - 105x200 cm - Vienna, Belvedere


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    Giovanni Segantini Amore alla fonte della vita

    1896 - olio su tela - 70x98 cm - Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna


    Giovanni_Segantgini_-_Love_at_the_Fountain_of_Life



    Per la su valenza dichiaratamente simbolista questo dipinto riscosse immediato successo soprattutto in ambiente secessionista viennese. Realizzato a Maloja nel 1896, su commissione del principe Jussopoff, venne descritto da Segantini in una lettera a Tumiati (11.10.1896): "Vi mando la fotografia del mio ultimo quadro. Esso rappresenta l'amore giocondo e spensierato della femmina, e l'amore pensoso del maschio; alacciati insieme dall'impulso naturale della giovinezza e della primavera. La stradicciola sulla quale avanzano è stretta e fiancheggiata da rododendri in fiore, essi sono in bianco vestiti (figurazione pittorica dei gigli). Amore eterno dicono i rossi rododendri, eterna speranza rispondono i zembri sempre verdi. Un angelo, un mistico angiolo sospettoso stende la grande ala sulla misteriosa fonte della vita. L'acqua viva scaturisce dalla viva roccia, entrambi simboli dell'eternità. Il sole inonda la scena, il cielo è azzurro, col bianco, il verde, il rosso usi a deliziare il mio occhio in soavi armoniche cadenze: nei verdi in special modo questo intesi significare...".
    Già nel Catalogo generale si è messo peraltro in rilievo che l'innesto dell'allegoria sul tessuto descrittivo e naturalistico del paesaggio non è completamente risolto e le figure sembrano estranee all'ambiente. Il contrasto di valore tra i verdi del prato fiorito e gli azzurri madreperlacei delle figure allegoriche sottolinea maggiormente l'estraneità dell'elemento simbolico nella natura veritiera di questo paesaggio alpino e dispone non occasionali rimandi tra le figure e la rarefatta azzurra spazialità all'infinito delle montagne e del cielo, elementi dove avviene la ricongiunzione dei valori simbolici dell'allegoria.
     
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    Giovanni Segantini Natura morta con S. Cecilia

    1878 - tempera su carta incollata su cartoncino - 74,5x54 cm - Milano, Civica Galleria d'Arte Moderna


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