Raffaello Sanzio - Vita e Opere

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  1. @Ambra@
     
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    Sacra Famiglia di Francesco I - 1518 - Parigi, Louvre
    Olio su tela, trasporto da taola 2017 x 140 cm



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    Raffaello ha dipinto una serie di composizioni a più figure, il cui soggetto della Sacra Famiglia - trattato in maniera più formale rispetto ai dipinti con soggetto la Madonna - acquisisce uno status ufficiale. Tra i committenti troviamo Papa Leone X che regalò a Claudia, regina di Francia, la Sacra Famiglia di Francesco I. La tecnica pittorica è cupa, ricca di contrasti e sullosfondo compaiono antiche rovine. il Bambino Gesù si solleva dalla culla come Cristo dalla tomba e la Madonna è incoronata di fiori come regina del cielo.
    La composizione è particolarmente affollata, mentre più sintetica è la descrizione del paesaggio. Il maestro sperimentò in quest'opera inediti effetti cromatici e luminosi che ritroveremo in opere successive.
     
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  2. @Ambra@
     
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    Sacra Famiglia Canigiani - 1507 circa - Alte Pinakothek, Monaco di Baviera
    Olio su tavola - 131 x 107 cm


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    La tavola venne quasi certamente dipinta per il fiorentino Domenico Canigiani (presso i cui eredi la vide Giorgio Vasari) forse in occasione delle nozze con Lucrezia Frescobaldi, nel 1507. Passata in seguito nelle raccolte medicee, finì nella dote di Anna Maria Luisa de' Medici, maritata a Giovanni Guglielmo del Palatinato. Andò così a decorare il palazzo di Düsseldorf e più tardi, nel 1801, venne trasferita a Monaco, per allontanarla maggiormente dalle mire di Napoleone.
    La composizione ha una forma piramidale ispirata alle opere di Leonardo da Vinci, con l'accento sulla plasticità delle figure e l'articolazione di esse nello spazio. Al vertice san Giuseppe, appoggiato al bastone, sorveglia serenamente la Madonna e sant'Elisabetta, sedute su un prato e con in grembo i rispettivi figli, Gesù e Giovanni Battista. Gambe e Braccia di Maria ed Elisabetta, Gesù e Giovannino creano un movimento avvolgente, di memoria classica, armonizzato dalla figura di Giuseppe stante, che chiude il cerchio con un'organicità che è degna dell'architettura. La predominanza di Giuseppe è giustificata dall'incremento che il suo culto andava subendo nel XVI secolo; la sua figura richiama da vicino il san Giuseppe del Tondo Doni di Michelangelo. Raffaello aumentò il numero dei personaggi, ricercando nelle pose raffinate corrispondenze formali, con ritmi curvilinei che si annodano e si sciolgono continuamente, sia in superficie che in profondità.
    L'impostazione è semplice ma eloquente e all'insegna di una solennità composta che però il Sanzio addolcì con i gesti intimi e familiari dei personaggi. Sguardi e gesti infatti si intrecciano sapientemente, in un complesso studiatissimo ma dall'effetto estremamente semplice e naturale, con un tono sereno e pacato.

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    Dettaglio del paesaggio


    Il paesaggio che si perde in profondità ha caratteri veneti di compenetrazione atmosferica, così come rimanda a Giorgione la ricca tavolozza, dei toni brillanti.
     
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  3. @Ambra@
     
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    La Bella Giardiniera, 1507-1508 - Parigi, Louvre
    Olio su tavola, 122 x 80

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    Il nome del dipinto, inventato nell'Ottocento, si riferisce alla bellezza della figura di Maria assisa in un prato che assomiglia a un giardino. A Siena venne acquistato per conto di Francesco I di Francia, che lo fece portare oltralpe. L'opera godette nel tempo di uno starordinario successo e popolarità, tanto che venne copiata come esercizio dai maggiori artisti francesi e stranieri: se ne conservano infatti numerose repliche.
    Immersi in un ampio paesaggio lacustre dall'orizzonte particolarmente alto, punteggiato da alberelli e da segni della presenza umana, si trovano la Madonna seduta su una roccia, con appoggiato alle gambe Gesù Bambino, mentre san Giovannino si trova inginocchiato a destra, mentre dirige uno sguardo intenso a Gesù.
    La composizione, sciolta e di forma piramidale, con i protagonisti legati dalla concatenazione di sguardi e gesti, deriva con evidenza da modelli leonardeschi, ma se ne distacca sostituendo, al senso di mistero e all'inquietante carica di allusioni e suggestioni, un sentimento fresco di calma e spontanea familiarità. Al posto dei "moti dell'animo" reconditi, Raffaello mise in atto una rappresentazione dell'affettuosità, con l'abbraccio tra madre e figlio e le carezze di quest'ultimo sul ginocchio di lei, mentre il Battista si genuflette con rispettosa devozione. Le pose delle figure sono attentamente studiate a "contrapposto". Maria è ruotata verso sinistra e fa per abbracciare con naturalezza il figlio, il quale si allunga per prendere il libro che essa ha in grembo. Gesù mostra un elegante classicismo, con rimandi alla scultura dell'epoca come la Madonna di Bruges di michelangelo.
    La complessità stilistica, testimoniata da alcuni disegni preparatori in cui venne definita con cura la composizione, non intacca mai l'estrema cordialità e piacevolezza del tema.

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    Dettaglio

     
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  4. @Ambra@
     
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    Raffaello Madonna della seggiola

    1513-1514 ca. - olio su tavola - 71x71 cm - Firenze, Galleria Palatina


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    L’opera, tra le più conosciute e riprodotte di tutta la storia dell’arte, nota con il nome di Madonna della seggiola, raffigura la Madonna col Bambino e san Giovannino. La composizione serratissima asseconda la circolarità della tavola, attraverso l’inclinarsi della testa della Vergine, l’andamento curvilineo del braccio e il sovrapporsi dei piedini del Bambino. Quest’opera, altissima per qualità, affascina soprattutto per la semplicità e per il senso di intimità e quotidianità da cui è caratterizzata: la Vergine è raffigurata in vesti dimesse, con un asciugatoio che le avvolge il capo e uno scialle verde che le avvolge le spalle. L’umanissimo riferimento alla maternità può nascondere un significato più alto e alludere all’identificazione tra Madre-Chiesa.
     
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  5. @Ambra@
     
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    Raffaello San Michele Sconfigge Satana

    1518 - olio su tavola trasportata su tela - 268x160 cm - Parigi, Louvre



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    L'opera, che è firmata e datata sull'orlo della veste di San Michele: "RAPHAEL URBINAS PINGEBAT MDXVIII" , fu commissionata a Raffaello da papa Leone X, in omaggio al re di Francia Francesco I. È detta il "Gran San Michele" per distinguerla dalla tavola di analogo soggetto, anch'essa conservata al Louvre, ma di dimensione ben più ridotta (31 cm x 26 cm), che fu eseguita da Raffaello presumibilmente intorno al 1504, per Guidobaldo da Montefeltre, duca d'Urbino.

    Robusto come un pilastro, ma anche leggero come un danzatore, l'arcangelo occupa il centro ella scena. Esso calpesta l'angelo caduto Lucifero, spingendolo verso l'eterna dannazione. Nè le armi, nè le ali di San Michele sono compiutamente raffigurate, cosa che rende più dinamica la composizione. Il paesaggio dello sfondo - visto dall'alto - è insolito. Il quadro, pur essendo firmato e datato sul bordo della tunica, è stato per molto tempo considerato un lavoro di bottega.

     
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  6. @Ambra@
     
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    Raffaello Stanza della Segnatura

    1508-1511 - Affreschi - Città del Vaticano, Musei Vaticani


    La Stanza della Segnatura contiene i più famosi affreschi di Raffaello: essi costituiscono l'esordio del grande artista in Vaticano e segnano l'inizio del pieno Rinascimento. L'ambiente prende il nome dal più alto tribunale della Santa Sede, la "Segnatura Gratiae et Iustitiae", presieduto dal pontefice e che usava riunirsi in questa sala intorno alla metà del XVI secolo. Originariamente la stanza fu adibita da Giulio II (pontefice dal 1503 al 1513) a biblioteca e studio privato: il programma iconografico degli affreschi, eseguiti tra il 1508 e il 1511, si lega a questa funzione. Esso fu certamente stabilito da un teologo e si propone di rappresentare le tre massime categorie dello spirito umano: il Vero, il Bene e il Bello. Il Vero soprannaturale è illustrato nella Disputa del SS. Sacramento (o la teologia), quello razionale nella Scuola di Atene (o la filosofia); il Bene è espresso nelle raffigurazione delle Virtù Cardinali e Teologali e della Legge mentre il Bello nel Parnaso con Apollo e le Muse. Gli affreschi della volta si legano alle scene sottostanti: le figure allegoriche della Teologia, Filosofia, Giustizia e Poesia alludono infatti alle facoltà dello spirito dipinte sulle corrispettive pareti. Sotto Leone X (pontefice dal 1513 al 1521) l'ambiente fu adibito a studiolo e stanza da musica, nella quale il pontefice custodiva anche la sua collezione di strumenti musicali. L'arredo originale del tempo di Giulio II venne rimosso e sostituito con un nuovo rivestimento ligneo, opera di Fra Giovanni da Verona, che si estendeva su tutte le pareti ad eccezione di quella del Parnaso, dove la stessa decorazione, ancor oggi visibile, per motivi di spazio venne eseguita in affresco. Il rivestimento ligneo, invece, andò probabilmente distrutto a seguito del Sacco di Roma del 1527 e al suo posto durante il pontificato di Paolo III (pontefice dal 1534 al 1549) fu dipinto uno zoccolo a chiaroscuri da Perin del Vaga.

    Disputa del SS. Sacramento



    Sulla parete opposta alla Scuola di Atene, in corrispondenza con la Teologia, è l'affresco della cosiddetta Disputa del SS. Sacramento, il cui titolo dovrebbe essere più propriamente quello di Trionfo della Religione. Ai lati della SS. Trinità (con Dio Padre, il Cristo tra la Vergine e S. Giovanni Battista, e lo Spirito Santo disposti in asse al centro) si dispone la Chiesa Trionfante, con patriarchi e profeti dell'Antico Testamento alternati ad apostoli e martiri, seduti in emiciclo sulle nubi. I personaggi sono (da sinistra a destra per lo spettatore): S. Pietro, Adamo, S. Giovanni Evangelista, Davide, S. Lorenzo, Giuda Maccabeo (?), S. Stefano, Mosè, S. Giacomo Maggiore, Abramo, S. Paolo. Sulla terra, ai lati dell'altare su cui domina il SS. Sacramento, si dispone la Chiesa Militante. Sui troni di marmo più vicini all'altare siedono quattro Padri della Chiesa latina: S. Gregorio Magno (con i tratti di Giulio II), S. Girolamo, S. Ambrogio e S. Agostino. Alcune altre figure hanno la fisionomia di personaggi storici: si riconoscono i ritratti di Sisto IV (zio di Giulio II) nel pontefice più a destra, di Dante Alighieri alle sue spalle, del Beato Angelico nel frate all'estremità sinistra.

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    Scuola di Atene



    Entro una grandiosa architettura rinascimentale, che si ispira al progetto di Bramante per il rinnovamento della basilica paleocristiana di S. Pietro, si muovono i più celebri filosofi dell'antichità, alcuni dei quali sono facilmente riconoscibili: al centro Platone, che punta con un dito verso l'alto e tiene in mano il suo libro Timeo, fiancheggiato da Aristotele con l'Etica; Pitagora è invece raffigurato in primo piano intento a spiegare sul libro il diatesseron; sdraiato sulle scale con la scodella è Diogene, mentre appoggiato ad un blocco di marmo, intento a scrivere su un foglio, è il filosofo pessimista Eraclito, che ha i tratti di Michelangelo, impegnato quest'ultimo in quegli anni a dipingere la vicina Cappella Sistina. Sulla destra sono visibili Euclide, che insegna geometria agli allievi, Zoroastro con il globo celeste, Tolomeo con quello terrestre, e infine, all'estrema destra, nel personaggio con il berretto nero è l'autoritratto di Raffaello.

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    Virtù Cardinali e Teologali e la Legge



    Sulla parete opposta al Parnaso, in corrispondenza della Giustizia, sono raffigurate le Virtù Cardinali (Fortezza, Prudenza, Temperanza) e Teologali (Fede, Speranza, Carità) nella lunetta in alto, e sotto, ai lati della finestra: la Consegna delle Pandette all'imperatore Giustiniano (a sinistra) e la Consegna delle Decretali a papa Gregorio IX. Il pontefice ha i tratti del committente, Giulio II (pontefice dal 1503 al 1513), mentre i cardinali che gli stanno accanto sono Giovanni de' Medici e Alessandro Farnese, futuri papi Leone X (pontefice dal 1513 al 1521) e Paolo III (pontefice dal 1534 al 1549). L'esecuzione della Consegna delle Pandette all'imperatore Giustiniano spetta a Lorenzo Lotto.

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    Parnaso



    Sotto alla Poesia è rappresentato il monte Parnaso dove il dio Apollo, seduto al centro, suona la lira da braccio, circondato dalle nove Muse, protettrici delle arti, e da poeti antichi e moderni, tra cui si riconoscono facilmente Omero (cieco), Virgilio e Dante alle sue spalle nonché seduta in basso a sinistra la poetessa Saffo con il nome scritto sul foglio che tiene nella mano sinistra.

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    Volta



    La volta è divisa in quattro sezioni dedicate a ciascuna delle facoltà dello spirito, rappresentate con allegorie femminili: la Filosofia, la Teologia, la Poesia e la Giustizia. Gli stessi concetti vengono ripresi e approfonditi nelle grandi composizioni sulle pareti sottostanti. Alla Filosofia corrisponde l'opera forse più famosa di Raffaello, la Scuola di Atene, alla Teologia la Disputa del SS.Sacramento, alla Poesia il Parnaso e alla Giustizia le Virtù Cardinali e Teologali e la Legge.

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  7. @Ambra@
     
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    Madonna di Casa Santi, 1498 circa - Casa Santi, Urbino
    Affresco, 97 x 67 cm


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    Si tratta di una delle primissime opere assegnate all'artista, allora appena quindicenne. L'opera, affrescata nella stanza in cui si crede che Raffaello sia nato, fino a pochi anni addietro era ritenuta di mano di Giovanni Santi, padre di Raffaello, e che raffigurasse la moglie e lo stesso figlio (Cavalcaselle). Questa attribuzione, ribadita da Adolfo Venturi, venne poi abbandonata in favore del giovane Raffaello da Ragghianti, Longhi e Brizio. La similitudine del volto di Maria con quello dell'ancella nella Natività della Vergine nella predella della Pala di Fano, opera di Perugino e bottega, ha fatto riferire a Raffaello anche quella tavoletta.
    Maria è seduta di profilo entro una nicchia, col Bambino addormentato in grembo, teneramente accarezzato da un abbraccio. Essa è rappresentata fino alle ginocchia, ed è intenta alla lettura di un libro posto su di un leggio davanti a lei. L'ombra nella nicchia evidenzia il profilo, che rimanda ad esempi fiorentini della metà del XV secolo, filtrati probabilmente da Piero della Francesca, che tanto aveva lavorato a Urbino. La stessa atmosfera rarefatta, i colori chiari e tersi, l'attenzione alla luce, rimandano ai modelli che circolavano allora alla corte urbinate. Sembra preannunciare poi gli stilemi dell'arte matura di Raffaello l'intimità tra madre e figlio, il modo di legare le due figure - anche con la contrapposizione di tonalità chiare e scure - e il naturale atteggiamento di Gesù, teneramente addormentato mentre sta accovacciato in grembo.
     
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  8. @Ambra@
     
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    Pala del beato Nicola da Tolentino - 1500-1501
    Olio su tavola

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    La Pala del beato Nicola da Tolentino, o Pala Baronci è un dipinto smembrato e parzialmente perduto (olio su tavola, misure ignote) ed è la prima opera documentata dell'artista. Venne allogata il 10 dicembre 1500 a Raffaello ed Evangelista da Pian di Meleto (storico assistente di suo padre) da Andrea di Tommaso Baronci per decorare la propria cappella familiare nella chiesa di Sant'Agostino. Nel contratto è interessante notare come Raffaello, poco più che esordiente, venga già menzionato come magister Rafael Johannis Santis de Urbino, e prima dell'anziano collaboratore, testimoniando ufficialmente come venisse già, a diciassette anni, ritenuto pittore autonomo dall'apprendistato concluso. L'opera venne consegnata il 13 settembre 1501.
    Nel 1789 venne gravemente danneggiata da un terremoto. Allora si decise di sezionarla, per ritagliare le parti meglio conservate. Fino al 1849 vennero tenuti in Vaticano, poi andarono dispersi.Al centro si trovava Niccolò da Tolentino, allora ancora beato, che schiacciava il demonio, affiancato da tre angeli con cartigli: due in coppia a destra e uno solitario a sinistra. In mano il santo reggeva un libro aperto e un lungo crocifisso. La parte superiore della pala, assente nella copia settecentesca, mostrava una triplice incoronazione del santo, da parte dell'Eeterno in una mandorla di cherubini, da parte della Vergine Maria inginocchiata e da parte di sant'Agostino con gli abiti vescovili. Lo sfondo doveva essere composto da un'ampia arcata, aperta sul paesaggio.
    La predella infine mostrava storie del santo.




     
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  9. @Ambra@
     
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    Angelo - 1500 - Brescia, Pinacoteca Tosio-Martinengo
    Trasportato su tela, 31 x 27 cm


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    L'Angelo è uno dei frammenti della Pala Baronci.
    La pala eseguita per la cappella Baronci nella chiesa di Sant'Agostino a Città di Castello è la prima opera documentata di Raffaello, allora diciassettenne, che vi lavorò con un collaboratore più anziano, già a bottega da suo padre, Evangelista da Pian di Meleto. Il contratto è datato 10 dicembre 1500 e la consegna è registrata il 13 settembre 1501.
    La pala venne danneggiata durante un terremoto nel 1789. Sezionata per separare le parti lesionate da quelle ancora fruibili, venne in seguito dispersa a metà dell'Ottocento.
    L'Angelo bresciano finì, come altri pezzi della pala, a Firenze dove lo acquistò nel 1822 il conte Paolo Tosio. Già attribuito a Timoteo Viti, dopo una pulitura, eseguita da Luigi Cavenaghi, venne riconosciuto pressoché unanimemente come opera di Raffaello.
    Grazie a una parziale copia della pala, datata 1791 ed eseguita da un pittore locale, è stato possibile ricollocare i frammenti nella composizione generale. L'angelo di Brescia in particolare faceva parte di un coppia a destra del santo centrale, voltato verso il compagno con cui sembrava avere una silenziosa conversazione. Il rettangolo bianco che si vede in alto a sinistra altro non è che un lembo del libro che Nicola da Tolentino aveva nella mano sinistra.
    Tra i frammenti della pala è considerato uno dei migliori, per la freschezza del volto del fanciullo, leggermente allungato, che sembra assimilabile ai modi contemporanei di Bernardino Pinturicchio e Luca Signorelli, piuttosto che a quelli del suo maestro Perugino. La luce soffusa inoltre ha fatto ipotizzare un influsso di Leonardo da Vinci che il giovane artista avrebbe potuto assimilare durante una o più veloci visite a Firenze, anteriori al soggiorno del 1504.
     
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  10. @Ambra@
     
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    Madonna Solly, 1500-1504 - Gemäldegalerie, Berlino
    Olio su tavola, 52 × 38 cm

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    L'opera faceva parte della collezione del banchiere inglese Edward Solly, che nel 1821 la cedette al Kaiser Friedrich Museum.
    L'attribuzione a Raffaello è indiscussa ed è una delle opere che aprono la serie di Madonne dell'artista. Sulla datazione c'è qualche disaccordo tra gli studiosi, pur riferendola al periodo giovanile prima del soggiorno fiorentino: 1500-01 per Gamba e Fischel, 1502 per Gronau, 1502-03 per Adolfo Venturi, 1503-04 per Pittalunga.
    Maria è raffigurata a metà figura col Bambino in grembo, mentre con la destra tiene un libriccino a cui rivolge le sue attenzioni. Anche il Bambino fa per sbirciare (il libro simboleggia le Sacre Scritture che annunciano il destino tragico di Cristo), mentre tiene legato a un filo rosso un cardellino, simbolo della Passione. Lo sfondo è un paesaggio di colline che si perdono in lontananza punteggiate da alberelli.
    Sebbene la composizione e le fisionomie dei protagonisti rimandino strettamente ai modelli di Perugino, interpretato però con austera semplicità, la cromia rivela quello splendore e quella profondità di chiaroscuro imputabile a Raffaello giovane.

     
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  11. @Ambra@
     
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    San Sebastiano, 1501-1502- Bergamo, Accademia Carrara
    Olio su tavola, 43 x 34 cm

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    Il dipinto venne probabilmente realizzato come immagine sacra destinata alla devozione privata, quando l'artista, sebbene giovanissimo, iniziava a farsi una solida reputazione in Umbria, influenzato ancora dal suo maestro Pietro Perugino.
    Il paesaggio e l'aspetto femmineo, dall'espressione dolcemente vacua di San Sebastiano risentono del Perugino, ma la mano emergente con la freccia, che segna la profondità, sono caratteristiche delle nuove ricerche del giovane Raffaello. Alcuni elementi fanno pensare ad una conoscenza di Leonardo, che l'artista aveva avuto modo di vedere in alcuni brevi viaggi a Firenze prima del 1504, quando vi iniziò un soggiorno più lungo. La costruzione dell'immagine ad ellissi incrociate è tutta raffaellesca.
    Notevole è la cura dei dettagli, dai ricami sugli abiti, alla catenella realisticamente intrecciata.
     
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  12. @Ambra@
     
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    Raffaello - Ritratto virile - 1503
    Roma, Galleria Borghese - Olio su tavola, 45 x 31 cm

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    L'opera si trova menzionata per la prima volta nell'inventario della galleria dell'anno 1700 con l'attribuzione a Raffaello, che negli inventari successivi è invece riferita a Hans Holbein il Giovane (1833). Più tardi Mündler (1869) lo identificò con un possibile autoritratto del Perugino, mentre Morelli riprese l'attribuzione al Sanzio, come possibile ritratto del Pinturicchio.
    l protagonista è ritratto frontalmente a metà figura, mentre fissa verso lo spettatore, con una leggera divergenza verso destra, che alleggerisce il contatto visivo diretto e dà una connotazione altera e schiva del soggetto. Il personaggio, dai lunghi capelli mossi ricadenti sulle spalle, indossa una vistosa berretta con tesa rovesciata, un manto e una cappa nera. Lo sfondo è un paesaggio di stile umbro, con colline che si perdono sfumando all'orizzonte e l'accorgimento di farle digradare verso il centro del dipinto per creare una sorta di cornice ideale al volto.
    L'abbigliamento di colore scuro, oltre che i severi tratti fisionomici donano regalità e imponenza alla figura.
     
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  13. @Ambra@
     
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    Raffaello - Resurrezione di Cristo, 1501-1502 circa
    Olio su tavola, 52 x 44 cm - San Paolo del Brasile, Museu de Arte

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    L'opera riporta varie iscrizioni sul retro e sulla cornice. La più antica è forse quella in cui si legge "Giachino Mignatelli", da alcuni ritenuto il primo possessore. Nel 1880 Bode vide il dipinto nella collezione Kinnaird in Scozia, e la segnalò al Cavalcaselle, che comunque non la vide mai. Nel 1927 venne messa in relazione da Regteren van Altena con due disegni all'Ashmolean Museum di Oxford, che altri riferivano alla Resurrezione di San Francesco al Prato di Perugino, a più riprese considerata opera di collaborazione con Raffaello.
    Passò all'asta a Londra nel 1946 con attribuzione a Mariano di ser Austerio, finendo poi in Brasile. Il collegamento con l'opera scozzese spettò a Suida, che ribadì l'attribuzione a Raffaello, che alcuni respinsero (Berenson) e altri invece accolsero (Ragghianti, Longhi, Camesasca e Brizio).
    La datazione più accettata è quella al 1501-1502, nel periodo cosiddetto "intermezzo pinturicchiesco", che caratterizzò alcune opere come la Madonna Solly, con un marcato gusto per l'ornato e la decorazione minuta.
    La composizione deriva da modelli di Perugino: un analogo sepolcro scorciato col coperchio spostato si trova ad esempio in una tavoletta della predella del Polittico di San Pietro, mentre nella Pala di San Francesco al Prato si vedono figure simili di soldati spaventati e la coppia di angeli in volo con cartigli sinuosi. Ma Raffaello seppe anche distaccarsi dal modello, ambientando la scena in un paesaggio più variato e animato (legato alla lezione di Pinturicchio), nella maggior ricchezza e elaborazione del sarcofago, nelle vesti più curate, nei gesti più vivi, nei colori più corposi, che danno maggiore risalto plastico alle figure.
    Anche gli angeli sono più animati di quelli di Perugino, e rimandano piuttosto ad esempi fiorentini come la Pala degli Otto di Filippino Lippi, che forse Raffaello ebbe modo di vedere durante uno di quei brevi spostamenti che caratterizzarono il periodo prima del 1504.
     
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  14. @Ambra@
     
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    Raffaello - Ritratto di Agnolo Doni, 1506
    Olio su tavola, 65×45 cm - Galleria Palatina, Firenze

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    Il ritratto venne commissionato dallo stesso Agnolo Doni, ricco mercante e mecenate fiorentino, assieme a un ritratto della moglie Maddalena Strozzi, dopo il matrimonio nel 1503.
    l soggetto è ritratto a mezza figura, seduto su un balcone che rivela, oltre il parapetto, un magnifico panorama. Il taglio è estremamente monumentale e il personaggio, ritratto col busto di tre quarti verso destra e la testa girata verso lo spettatore, è caratterizzato da una sciolta naturalezza. Acuta è la rappresentazione dello sguardo, che dimostra l'interesse verso la psicologia.
    La sua condizione di ricco borghese è infatti testimoniata, oltre che dalla ricercatezza dell'abito dagli anelli alle mani, dallo sguardo sicuro e diretto. La berretta scura e i capelli lunghi, di colore castano, incorniciano il volto, in cui il dato fisico è trattato con estrema fedeltà e cura, secondo i modelli nordici filtrati da Perugino e da altri artisti italiani. Il segno minuto del pennello si manifesta ad esempio nei sottilissimi capelli crespi. Le maniche rosse della veste, ampie e di pesante stoffa, escono da una casacca scura, tenuta in vita da una cintura, mentre ai polsi e al collo sporge la camicia bianca. I dettagli tuttavia non rubano mai la scena al fulcro del dipinto, che è il volto del protagonista e il suo stato d'animo, grazie anche alle impercettibili linee di forza e al gioco di contrasti tra chiaro e scuro, che esaltano il viso. Le colline ad esempio degradano da sinistra verso destra, assecondando la linea di forza che va dal collo di Agnolo Doni all'avambraccio sinistro. Due nuvolette in cielo bilanciano ad arte gli angoli vuoti del dipinto.
    I colori, sia nella figura che nello sfondo, sono esemplari delle ricerche di Raffaello in quegli anni, intonandosi a gradazioni sempre più corpose e d'effetto.
    Sul retro dei due ritratti si trova una rappresentazione a monocromo del mito di Deucalione e Pirra, in particolare il diluvio inviato dagli dei, attribuito a un tardo seguace del Sanzio

     
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    Raffaello - Madonna Terranuova

    1504-1505 ca. - olio su tavola - 87x87 cm - Berlino, Gemäldegalerie


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    La Madonna Terranuova e' un dipinto ad olio su tavola del diametro di 87 cm;proveniente dalla collezione dei Duchi di Terranuova di Roma passo' nel 1854 al Kaiser Friedrich Museum.
    E' universalmente riconosciuta dalla critica come opera autografa e altrettanto all'unanimita' considerata del primo periodo fiorentino,se non addirittura il primo prodotto eseguito dall'artista arrivato a Firenze nell'autunno del 1504.La datazione proposta e' infatti fra il 1504 ed il 1505.
    A confermare questa ipotesi sono numerosi elementi:anzitutto la persistenza di alcuni elementi perugineschi come la tipologia del volto femminile della Madonna,le scritte lungo il bordo della scollatura,e alcune caratteristiche del paesaggio come gli alberi.Elementi che ritornano tutti in opere coeve come la pala Ansidei di Londra gia' a Perugia.
    Ma accanto a questi di denotano immediatamente le novita' che il giovane pittore aveva immediatamente assimilato dall'ambiente fiorentino:anzitutto la lezione leonardesca rilevabile dalla definizione dei volumi secondo una distribuzione delicata e sapiente della luce e dallo studio della composizione piramidale che Leonardo aveva espresso chiaramente del cartone di Sant'Anna all'epoca e che Raffaello cerca di comprimere nella difficile forma del tondo.
    Ancora leonarderschi sono il promontorio roccioso nella parte destra del paesaggio e la mano in scorcio della Madonna che ricorda molto quella della vergine delle rocce,che pure serve come punto di raccordo per quella cadenza ritmica che partendo dal San Giovannino continua l'andamento nel cartiglio e nella posa dinamica del bambino fino ad arrivare al terzo putto,probabilmente l'altro cuginetto di Gesu' san Taddeo.
    Un chiaro riferimento a Michelangelo e' invece la balaustra che divide nettamente in due la parte paesaggistica da quella dei protagonisti in primo piano e che ricorda fortemente il Tondo Doni del Buonarroti.
    Siamo di fronte quindi alla reazione immediata di un giovane artista di grandissimo talento in contatto con un ambiente da cui riceve continui stimoli ma che ancora non e' riuscito a formulare in modo del tutto esauriente come nelle successive composizioni che determineranno uno stacco decisivo dalla pittura del suo maestro qui ancora molto presente.
     
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